Vera by Elizabeth von Arnim

Vera by Elizabeth von Arnim

autore:Elizabeth von Arnim [Arnim, Elizabeth von]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fazi Editore
pubblicato: 2019-07-29T22:00:00+00:00


17

Il broncio fu di breve durata. Il soufflé era particolarmente ben riuscito, e questo aiutò molto. Inoltre Lucy lo guardò per tutto il tempo con grande tenerezza, e Wemyss si rese conto che era la prima volta che sedeva a tavola nella sua adorata casa, realizzando il sogno accarezzato da mesi che lei, il suo amorino dai capelli sbarazzini, sedesse lì con lui. Così, poco a poco, ritrovò il buonumore e le sorrise di nuovo.

Pensa che potere aveva di ferirlo, si disse Wemyss; un potere così grande perché altrettanto grande era l’amore che nutriva per lei. Lucy doveva fare molta attenzione a esercitare quel potere, ora che l’amore aveva reso il suo Everard tanto sensibile.

La fissò solennemente pensando a tutto ciò, mentre venivano cambiati i piatti.

«Cosa c’è, Everard?», chiese Lucy ansiosa.

«Pensavo solo che ti amo», disse, posando la mano su quella di Lucy.

Lei arrossì di piacere e il viso le si illuminò di felicità. «Mio Everard», sussurrò fissandolo a sua volta, talmente felice da aver dimenticato la presenza della cameriera. Quanto era caro. Quanto era sciocca lei a prendersela così tanto quando il suo Everard si offendeva. In fondo era buono e semplice. In fondo era il suo unico grande innamorato. Tutto il resto non contava, era solo un mero dettaglio di cui non le importava nulla.

«Prendiamo il caffè in biblioteca», disse alla cameriera. Si alzò perché aveva finito di mangiare e s’incamminò verso la porta. «Vieni amorino», la chiamò senza voltarsi.

La biblioteca...

«Non possiamo... perché non... prendiamo il caffè nell’atrio?», chiese Lucy, alzandosi lentamente.

«No». Wemyss si era fermato davanti a un ritratto fotografico a grandezza naturale appeso alla parete tra le due finestre.

Lo scrutò, poi fece scorrere il dito obliquamente sul vetro dall’alto verso il basso. Fu subito evidente che la foto aveva bisogno di una spolverata.

«Guarda qui». Indicò il vetro alla cameriera.

La cameriera guardò.

«Noto che non dici nulla». La donna fissava il ritratto in silenzio. Lucy, di nuovo presa alla sprovvista dalla situazione, rimase accanto alla sedia, incerta sul da farsi.

«Non mi stupisce che tu non dica nulla. Perché non ci sono scuse per tanta trascuratezza».

«Lizzie...».

«Non tirare in ballo Lizzie».

La cameriera smise di tirare in ballo Lizzie e rimase muta.

«Vieni amorino», disse Wemyss girandosi verso Lucy e porgendole la mano. «Fa stare male, vero?, vedere che queste serve neppure ti spolverano il padre».

«È tuo padre?». Lucy si affrettò a raggiungerlo ed evitò di esprimere opinioni sullo spolverare.

E chi altri poteva essere? Era Wemyss ma più grosso, più vecchio, più contrariato. La fotografia era appesa in modo che ovunque ci si trovasse nella stanza si era osservati. Dalla sua postazione aveva fissato Lucy durante tutto il suo primo pranzo in quella casa, così come doveva aver fatto con Vera durante l’ultimo pasto che aveva consumato tra quelle quattro mura. Il pensiero le attraversò la mente come un lampo.

«Da quanto tempo è qui?», chiese, alzando lo sguardo su quegli occhi accigliati che la fissavano.

«Da quanto tempo?». Wemyss la tirò via perché voleva il caffè. «Come posso ricordarlo? Da quando abito qui, immagino.



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