VINCERE È L'UNICA COSA CHE CONTA by AA.VV

autore:AA.VV. [AA.VV.]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788820094003
editore: Sperling & Kupfer

E venne Picchi

I MIEI amici lettori, milioni di milioni, avranno ormai capito che ho scritto questa storia non per compiacermi o fare il «gradasso», come diceva Camin, ma perché ho avuto la fortuna, e forse anche il merito, di passare da Casa Juve in una delle fasi più luminose della sua folgorante storia.

Ho dunque avuto la possibilità di narrare un largo decennio strepitoso, dal 1970 al 1981, vissuto da campione, anche se il ragazzino nato nel 1949 nel quartiere popolare di Lecce ha nuotato nel mare magnum juventino fin dal 1966.

Come ho detto, in bianconero ho giocato la prima partita, Mantova-Juventus, il 21 gennaio 1968, grazie all’allenatore paraguagio Heriberto Herrera – che Dio l’abbia in gloria –, il quale, nonostante le polemiche stilistiche, si è piazzato terzo nella classifica dei mister più duraturi: dal ’64 al ’69, con tanto di scudetto. Il primo è naturalmente Trapattoni, con cui ho lavorato sei anni.

Trap è stato guida della Juve per dieci anni consecutivi (’76-’86), e poi ripescato nel ’91, quando, caso unico nella storia, fu «acquistato» dall’Inter (’86-’91) in cambio di un calciatore, Dino Baggio. Ma Trap è anche il mister più «decorato», visto che con la Juve ha vinto quattordici trofei. E tutti sanno i successi che ha ottenuto all’estero, lavorando alla grande in Germania (Strunz compreso!), al Bayern di Monaco e a Stoccarda; in Portogallo, al Benfica; in Austria, a Salisburgo; con la nazionale d’Irlanda; unico neo professionale, un’infelice stagione al Cagliari, che consentì ai suoi detrattori – in Italia non sempre si amano i migliori, anzi – di dire che i tecnici più famosi riescono a vincere solo con le squadre ricche e potenti, come Fabio Capello (Russia esclusa!).

Nella classifica dei Più c’è ovviamente il recordman Carlo Carcano, che con la Juve vinse quattro scudetti consecutivi (’31-’34) e avrebbe fatto anche cinque, se nel ’35 non l’avessero esonerato per gossip.

Fra i tecnici che mi hanno guidato, sopportato e fatto crescere, Armando Picchi, Carlo Parola e Čestmír Vycpálek. Se a Heriberto devo l’esordio juventino in Serie A, a Picchi devo la mia vera vita juventina. E dico subito perché.

Ero finalmente tornato alla Juve che, con l’arrivo di Italo Allodi, a fianco di un corrucciato Boniperti, si stava rinnovando, a partire dall’ingaggio di Armando Picchi, già leader indiscusso dell’Inter mondiale. Ero con altri nuovi come Bettega, Novellini, Spinosi, Landini e il caro Gialuigi Savoldi, detto «Titti». Vita dura per i novizi, e per me anche di più, a causa della mia presunta anarchia tattica.

A ogni modo, mentre stava aprendosi il mercato di riparazione e già si parlava di una mia cessione alla Lazio – dopo che avevo giocato una partitissima a Pécs, in Ungheria, per la Coppa delle Fiere –, Picchi mi portò in panchina e a un certo punto mi slegò. Era il 25 ottobre 1970, non lo dimenticherò mai.

Si giocava Juventus-Milan. Stavo meditando sul mio destino di perpetuo viaggiatore, quando lo sento: «Maestro» – sì, disse proprio «maestro» – «Vai, tocca a te».

Era il 56’, ed entrai in campo

scaricare

Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.