Volere un figlio by Silvia Vegetti Finzi

autore:Silvia Vegetti Finzi [Vegetti Finzi, Silvia]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00

Una morale della procreazione?

Nonostante questa indubbia esigenza, non sarà facile elaborare una morale della procreazione perché il processo generativo si è disaggregato in spezzoni autonomi, in finalità particolari. La contraccezione ha separato la sessualità dalla procreazione, il piacere dal generare. A loro volta le tecnologie procreative hanno disgiunto la fertilità dalla fecondità: è possibile infatti che un corpo procrei pur restando in se stesso sterile. Vi è il rischio di riflettere sul singolo, settoriale problema, perdendo di vista l’insieme, di rincorrere le applicazioni mediche via via che si propongono senza elaborare un punto di vista complessivo.

D’altra parte tutto è avvenuto così in fretta che la società civile ha spesso preferito minimizzare le notizie che riferivano di nuove e sconcertanti vicende procreative e delegare la riflessione sulle conseguenze morali, lasciando che si costituisse una categoria composita di «esperti» in bioetica, spesso autonominatisi tali.

Certo non abbiamo ascoltato in proposito la parola definitiva, e probabilmente non è neppure il caso di attenderla, tuttavia manca persino una impostazione del problema che produca un programma di ricerca condivisibile.

Il termine «etica» viene comunemente definito come «parte della filosofia che ha per effetto la determinazione della condotta umana e la ricerca dei mezzi per concretizzarla». Come tale costituisce una variabile all’interno di un determinato sistema filosofico e dipende in gran parte dagli assiomi di quest’ultimo.

Per quanto concerne la bioetica sono attualmente operanti due concezioni dei suoi compiti e dei suoi ambiti di applicazione. Entrambe dipendono dai diversi contesti storico-culturali nei quali sorgono. Nell’area di lingua inglese, dominata da una impostazione pragmatica dei problemi e dalla filosofia analitica, si tende a elaborare una normativa concreta, duttile, aderente ai singoli problemi, integrabile e modificabile. Da questo punto di vista viene considerata «ideologica» la formulazione di posizioni di principio, di norme universali, di criteri etici di portata generale, dai quali dedurre necessariamente dei comportamenti.

Tutto ciò costituisce, di contro, una esigenza irrinunciabile per la cultura latina, dove il cattolicesimo ha storicamente garantito una morale universale, valida erga omnes, fondata sull’autorità della parola divina e amministrata in modo capillare dalle strutture ecclesiastiche.

Nella nostra cultura è evidente che l’etica comporta una visione del mondo, una concezione dell’uomo, una esplicitazione dei fini e una valutazione dei mezzi, senza di che qualsiasi regolamentazione appare gratuita e insufficiente.

Tuttavia entrambe queste dimensioni sono motivate e, per certi versi, inseparabili. Si tratta di dislocarle su tempi diversi, accettando il meno possibile il ricatto dell’emergenza senza tuttavia ignorarlo. Mentre la biologia teorica è ancora una nana, la tecnica genetica sta assumendo dimensioni gigantesche e rischia in pochi decenni di invadere tutto quanto il modo di produzione del pianeta, con conseguenze assolutamente imprevedibili. Di fronte al proliferare acefalo delle sperimentazioni è necessario e urgente elaborare una cultura dei limiti che fissi confini invalicabili entro i quali operare.

I rischi della «fretta normativa» sono evidenti ma l’elaborazione di un’etica complessiva comporta tempi lunghi e soggetti sociali da definire. Tanto più che il concetto di «vita» appare formulabile in modo univoco solo in una prospettiva religiosa che lo costituisca come un valore in sé, da perseguire sempre e comunque per la sua imperscrutabile sacralità.

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