Walter Lord by Titanic La vera storia (1998)

Walter Lord by Titanic La vera storia (1998)

autore:Titanic, La vera storia (1998) [Titanic, La vera storia (1998)]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2017-02-07T23:00:00+00:00


Con un colpo energico si liberò e nuotò lontano dalla nave, sott'acqua. Lo chef John Collins non potè far molto per difendersi dall'ondata. Aveva un bimbo in braccio. Da cinque minuti, con un cameriere cercava di aiutare una donna di terza classe con due bambini. In un primo momento avevano sentito dire che c'era una scialuppa sulla sinistra; erano accorsi a sinistra per sentirsi dire che era invece a dritta. A dritta, qualcuno li incitò a dirigersi verso poppa. Se ne stavano indecisi sul da farsi, Collins con un bimbo in braccio, quando furono spazzati via dall'ondata. Il bimbo gli fu strappatò dalle braccia; non vide mai più gli altri. Anche Jack Thayer e Milton Long videro arrivare l'ondata. Erano in piedi, vicino al parapetto di tribordo, all'altezza del secondo fumaiolo, e cercavano di non lasciarsi trascinare dalla folla che si dirigeva verso poppa.

Compresero che, invece di andare alla ricerca di un punto più alto, era giunto il momento di saltare in acqua e nuotare. Si strinsero la mano augurandosi l'un l'altro buona fortuna. Long gettò le gambe oltre il parapetto mentre Thayer vi si sedette a cavalcioni e cominciò a slacciarsi il cappotto. Long, in equilibrio al di sopra della fiancata della nave. tenendosi al parapetto con le mani, guardò Thayer e gli chiese: «Siete pronto?»

«Gettatevi, vi seguo immediatamente,» lo rassicurò Thayer. Long si lasciò cadere, rivolto verso la nave. Dieci secondi dopo Thayer passò anche l'altra gamba oltre il parapetto e sedette guardando in basso. Era a circa tre metri dall'acqua. Prese lo slancio saltando il più lontano possibile. La tecnica di Thayer per abbandonare la nave era la più giusta. L'ondata non raggiunse Olaus Abelseth che si trovava troppo a poppa, in piedi vicino al secondo fumaiolo. Invece di abbassarsi, quella parte della nave si sollevava sempre più. Mentre l'inclinazione dello scafo aumentava, Abelseth udiva strani rumori. . una successione di tonfi sordi.. tintinnio di vetri.. sedie che strisciavano rumorosamente. L'inclinazione era aumentata al punto che non era più possibile stare in piedi. Molti persero l'equilibrio, e Abelseth li vide scivolare nell'acqua che sommergeva il ponte. Abelseth e i suoi parenti riuscirono a rimanere in piedi afferrandosi alla fune di un paranco. «E meglio saltare in mare, altrimenti il risucchio ci trascinerà a fondo,» disse suo cognato. «No,» rispose Abelseth. «Non ancora. La nave resisterà ancora un po', è meglio restare qui il più a lungo possibile.»

«Dobbiamo saltare,» insistette qualcuno, ma Abelseth rispose secco: «No, non ancora.» Pochi minuti più tardi, quando l'acqua era ormai soltanto a un metro da loro, i tre uomini decisero di saltare, tenendosi per mano. Ritornarono ansanti alla superficie, ed Abelseth si accorse di essersi impigliato in una fune legata chissà dove. Dovette lasciare le mani dei compagni per potersi districare, e proprio allora il cugino e il cognato furono spazzati via dall'ondata. Egli riuscì a liberarsi, ma disse dentro di sè: «Sono perduto.» Nel groviglio di cordami, sedie da ponte, assi e acqua, nessuno seppe mai ciò che accadde alla maggior parte dei naufraghi.



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