Yates Richard - 1962 - Undici solitudini by Yates Richard

autore:Yates Richard [Yates Richard]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, General, Short Stories (single author), Classics
ISBN: 9788875219918
Google: 9-JeDwAAQBAJ
editore: Minimum Fax
pubblicato: 2018-06-05T22:00:00+00:00

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Il regalo della maestra

Per tutta quell’estate i ragazzi che avrebbero dovuto fare la terza con la signorina Snell erano stati messi in guardia contro la nuova maestra. «Vedrete che roba, ragazzi!», dicevano i più grandi, facendo smorfie con malvagio piacere. «Vedrete che roba! La Cleary sì che è un tesoro» (la signora Cleary era la maestra che avrebbe insegnato all’altra, più fortunata, sezione di terza), «lei sì che è buona, ma la Snell... poveri voi!» E così il morale della classe della signorina Snell non era certo alle stelle quando in settembre si riaprirono le scuole, e lei fece ben poco nelle prime settimane per migliorare la situazione.

Poteva avere una sessantina di anni; alta, ossuta, dalla faccia maschile, coi vestiti, se non proprio la pelle, che sembravano trasudare quell’odore secco di matite temperate e di polvere di gesso che è tipico di tutte le scuole. Rigida e assolutamente priva di spirito, la sua preoccupazione principale era di sradicare le abitudini che a lei parevano intollerabili: chiacchierare a bassa voce in classe, stare seduti scomposti, distrarsi, andare spesso al gabinetto e, peggio di tutto, «venire a scuola senza l’occorrente al completo». Aveva gli occhi piccoli e pungenti, e quando qualcuno con segni o bisbigli cercava in segreto di farsi prestare da un altro la matita, non riusciva quasi mai a farla franca. «Che succede laggiù?», interveniva la Snell. «Dico a te, John Gerhardt». E John Gerhardt – o Howard White o chiunque fosse – colto in flagrante, poteva solo arrossire dicendo: «Nulla».

«Non borbottare. È la matita? Sei venuto a scuola di nuovo senza la matita? Alzati in piedi quando ti parlo».

E seguiva una lunga predica sulla necessità di avere tutto l’occorrente, che finiva solo quando il colpevole, uscito dal suo banco per prendere la matita dalla scorta che c’era sulla cattedra, diceva: «Grazie, signorina Snell», e ripeteva fino a farsi sentire da tutti la promessa che non l’avrebbe mordicchiata o spuntata.

Con le gomme all’estremità delle matite era ancor peggio perché, data la tendenza generale a mordicchiarle, spesso naturalmente mancavano. La signorina Snell teneva sulla cattedra una vecchia gomma, grossa e informe, della quale sembrava andare assai fiera. «Questa è la mia gomma», diceva agitandola davanti alla classe. «Ce l’ho da cinque anni. Cinque anni». E la cosa era più che credibile perché la gomma appariva vecchia, grigia e logora come la mano che la teneva. «Non ho mai giocato con questa gomma perché non è un giocattolo. Non l’ho mai succhiata perché non è buona da mangiare. E non l’ho mai persa perché non sono sciocca e trascurata. Ho bisogno di questa gomma per il mio lavoro, e perciò me la tengo cara. E allora, perché voi non potete fare lo stesso con la vostra gomma? Non so che cosa abbia questa classe. Certo, non ho mai avuto una classe così sciocca, così trascurata, così infantile per quel che riguarda l’occorrente scolastico».

Non sembrava mai perdere la pazienza, ma sarebbe stato meglio che la perdesse, perché era proprio il tono piatto, asciutto e senza slanci dei suoi rimproveri che la rendeva insopportabile.

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