Zail Suzy - 2016 - La pianista di Auschwitz by Zail Suzy

autore:Zail Suzy [Zail Suzy]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, Historical
ISBN: 9788854189935
Google: y8QrCwAAQBAJ
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2016-01-13T23:00:00+00:00

Arrivò l'autunno, a preparare la strada all'inverno, e il freddo sole polacco scomparve dietro le nuvole. Fuori dalla finestra della stanza della musica, sul susino restava solo qualche foglia rosso intenso. Era tutto grigio: la nebbia, il fango pesante che si attaccava alle scarpe, i nostri volti. I recinti di filo spinato e le torrette di guardia di Birkenau mi inducevano alla disperazione. Non c'era modo di fuggire, e la guerra non sarebbe mai finita. Udivamo gli aerei da combattimento sibilare sopra le nostre teste, e una notte vedemmo il cielo rosso e una pioggia di bombe. Ma quando arrivò il mattino, le baracche erano intatte, e la banda suonava ancora una marcia di morte. Dovevo ancora arrancare fino alla villa, Erika doveva ancora scavare trincee, e le guardie avevano sempre le loro armi.

Il capodanno ebraico, Rosh haShana, passò senza troppo clamore. Non potevo cantare le lodi di un Dio nel quale non credevo più, né augurare a Erika un felice anno nuovo. Quando poi alla fine di settembre arrivò la più sacra delle feste religiose, Yom Kippur, non digiunai. Buttai giù il mio caffè con aria di sfida, rifiutandomi di chiedere a Dio di perdonare i miei peccati. E quando crollammo sui nostri letti e una vicina di cuccetta cantò Avinu Malkeinu, non mi unii a lei. "Ascolta la nostra preghiera", sussurrava, "Sh'ma kolenu. Inseriscici nel Libro della Vita, affinché siamo benedetti".

Era facile morire a Birkenau. Guardavi la persona sbagliata negli occhi, o inciampavi e uscivi dalla fila andando ai lavabi. Vidi una ragazza rifiutarsi di scendere dal letto e un'altra sputare a una guardia. Furono entrambe trascinate fuori e uccise. Non avevo intenzione di dare una mano alla morte. Rubavo, ma non da stupida. Correvo dei rischi, ma erano calcolati. Volevo uscirne viva, e facevo cose di cui non andavo fiera. Stavo zitta, quando altre venivano picchiate, e rubai a una detenuta. Svegliandomi una mattina, scoprii che la ragazza che aveva dormito vicino a me era morta, così feci quello che avevo visto fare a dozzine di prigioniere prima di me, le frugai nelle tasche in cerca di una crosta di pane. Non riuscii a mangiare la manciata di briciole che vi trovai: le diedi a Erika.

A Debrecen avevo lasciato un bel calendario da muro. Su ogni pagina c'erano una scena di un'opera famosa e il ritratto di un compositore il cui compleanno cadeva in quel mese. Io condividevo il compleanno in dicembre con Beethoven. Clara Schumann era nata in settembre. Avevo pensato di mettere il calendario in valigia, ma non c'era posto. A Birkenau non ce n'era bisogno. Al campo non importava sapere che giorno fosse. Importava solo che io arrivassi ogni mattina alla villa del comandante, mi sedessi al suo pianoforte e suonassi i giusti accordi. Ogni giorno era uguale al precedente: il capitano Jager e i suoi ospiti prendevano il tè del mattino conversando di Bach, mentre Karl rimaneva seduto nel suo angolo con fare indisponente. Ogni giorno era una replica del precedente. Ogni giorno noioso e grigio, fino a uno di novembre, in cui tutto cambiò.

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