Barnum by Alessandro Baricco

Barnum by Alessandro Baricco

autore:Alessandro Baricco [Baricco, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Benzinaio da grande

C’era sempre, in classe, quello che da grande voleva fare il benzinaio. Il benzinaio? Il benzinaio. Che stupido, pensavi. E invece no. Era un poeta, e in modo incomprensibile a noialtri, il meno stupido di tutti. Era uno che, ancora con le braghe corte, già sapeva annusare il profumo del mito. Lo vedeva, là dove noi vedevamo solo un distributore, e puzza di benzina e mani sporche. Lui vedeva il mito.

Quel che vedeva lui, l’ho visto finalmente anch’io quando mi è finito in mano un libro uscito da poco, che si intitola Benzina (l’ha pubblicato Electa). Foto di distributori, latte d’olio, insegne e globi (quelle cose di vetro e poi di plastica che stavano come lampioni sulle pompe, colorati e tondi, con su scritto Amoco, oppure Esso, oppure Gulf: lucciole per serbatoi arrapati). Una cosa storica: dalle prime pompe di inizio secolo a quelle degli anni ottanta. Quasi un secolo di benzinai. Le foto le ha fatte Decio Grassi, facendosi incantare da un museo che prima o poi dovrò andarmi a vedere, il Museo Sirm, via Tirano 18, Palazzolo Milanese. Museo assurdo in un posto assurdo, mi vien da immaginare. Ma comunque. Tu sfogli il libro e ti sale su un’epopea da western, la saga degli ottani, l’epica del carburante. Un mondo, se capite cosa voglio dire. Uno spettacolo.

Forse sarà che uno è venuto su a macchinine e gokart e auto nuove del papà; o forse sono quelle centinaia di film in cui stanno sempre a fare il pieno, in mezzo al deserto o su autostrade a cinque corsie, e intanto che il serbatoio si ingolla dollari e dollari di Gazoline quelli si baciano, si sparano, si lasciano, si uccidono.

Fatto sta che con gli occhi inchiodati su una pompa della Mobil, americana, 1939, quel che vedi non è una pompa Mobil americana del ‘39, ma il mito. I numerini che contano i dollari e, sotto, quelli che contano i galloni (stanno fermi ma è come se li vedessi scorrere, a due velocità diverse, più veloci quelli sotto, più sornioni quelli sopra, mi ricordo di aver pensato mille volte che era una magia che a un certo punto quell’omino in tuta riuscisse a fermarli entrambi su un totale pulito, cioè non con l’ultima cifra a metà, ma tutt’e due belli puliti, una magia), la farfalla sotto la pallina di vetro con la benzina che ci passava dentro e le faceva girare, la scritta Mobil tutta blu però la o era rossa, il cavallo con le ali, il tubo di gomma e la pistola cromata, lontana parente della Colt, è ovvio, come fosse una Colt che ritiratasi dall’attività avesse deciso di rifarsi una vita con un mestiere pulito, in una piazzola sulla Freeway 18, un posto tranquillo, perfino bello, la sera, quando va giù la luce e si accende il globo, sulla pompa, a sussurrare: Mobilgas.

Scemenze, si dirà. Può darsi. Ma a me bastano anche solo i nomi per partire con la fantasia, e con la memoria. Nomi stupendi: Esso



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