Da che arte stai? by Luca Beatrice

Da che arte stai? by Luca Beatrice

autore:Luca Beatrice [Beatrice, Luca]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Scatta e scappa: lo snapshot

«Sembra una fotografia!» è un’espressione di stupore che il pubblico pronunciava spesso davanti a un dipinto iperrealista di Chuck Close o di Richard Estes, pittori americani che negli anni Settanta si «divertivano» a rifare con precisione maniacale delle vedute da cartolina di New York, ammodernando la lezione dei nostri Canaletto e Guardi.

In Italia l’Iperrealismo non ha mai preso piede, considerato troppo lezioso e virtuosistico, come l’assolo alla chitarra di un esecutore perfetto ma senz’anima. La pittura, dunque, ha preferito mantenere un suo stile autonomo, deliziosamente imperfetto, senza intrattenere particolari rapporti con la fotografia. Negli anni Novanta, però, i due linguaggi, che hanno finora percorso strade parallele, sono destinati a incontrarsi sul modo di rappresentare la nuova realtà.

Una volta fare una buona fotografia non era impresa da poco: le macchine erano pesanti, difficili da usare, la pellicola costava cara, era necessario prevedere diverse sedute di posa, esaminare i provini e scegliere lo scatto buono, poi stampare il negativo dopo il passaggio in camera oscura, per cui serviva un laboratorio specializzato. Solo a quel punto si aveva l’immagine finale, e dopo un lasso di tempo così lungo, l’immediatezza e la realtà in presa diretta andavano perse per strada.

Ma questi sono gli anni della rivoluzione tecnologica. Gli strumenti si alleggeriscono, diventano più semplici ed economici, dalle macchinette usa e getta si passa alle camere digitali fino ai telefonini ad alta definizione. Soprattutto, puoi vedere lo scatto in tempo reale: se ti piace lo tieni, altrimenti lo cancelli e passi oltre. Grazie a queste innovazioni cambia completamente l’estetica della fotografia e si diffonde la poetica dell’istantanea, che gli anglosassoni definiscono con un termine davvero efficace: snapshot.

Si tratta dunque di raccontare la vita vera, cogliendola nei momenti più intimi, privati, autentici, senza filtri né sovrastrutture. Una fotografia «sporca», rugginosa, sgrammaticata, che magari non piace ai puristi del mezzo ma che suona giovane, immediata, dinamica. Pensiamo al lavoro dell’americana Nan Goldin, testimone del proprio vissuto e di quello dei suoi più cari amici negli anni della giovinezza, spesso funestata da morti premature – lo spettro dell’Aids la segue come un’ombra – e da drammi personali. Nelle sue immagini si esalta l’elemento voyeuristico, il furto dal buco della serratura, che non esclude né il sesso né la morte. Un altro grande interprete dello stile snapshot è il tedesco Wolfgang Tillmans, autore sensibile e delicato, narratore della Lost Generation del suo tempo, tra feste, sballi, amori, trasgressioni e piccole tragedie. Le sue foto sono generalmente piccole, installate come un album di ricordi appeso al muro, lasciate sul frigorifero, o accanto allo specchio. Un’icona degli anni Novanta, il dj Aphex Twin, è stata immortalata proprio da Tillmans con un volto da antieroe che seduce per la sua assoluta normalità.

In Italia non troviamo innovatori assoluti del genere, ma si sviluppa per contro un filone di fotografi dell’istantanea attratti dalla possibilità di raccontare piccole storie di vita quotidiana in sintonia con quello stile minimalista «da cameretta» che funziona nell’arte concettuale; una fotografia, tra l’altro, dal taglio tipicamente



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