Figli delle stelle by H.G. Wells

Figli delle stelle by H.G. Wells

autore:H.G. Wells [Wells, H.G.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ledizioni
pubblicato: 2023-09-19T22:00:00+00:00


VII. IL MONDO COMINCIA A ESSERE INFORMATO DELL’ESISTENZA DEI MARZIANI

I

È quasi impossibile spiegare come si diffondesse l’idea che l’umanità, sotto lo stimolo dei raggi cosmici, si fosse lanciata verso un cambiamento genetico e fosse venuta a conoscenza di tutto grazie ai suoi primi scopritori, ossia Laidlaw, l’uomo rossastro del Planetarium Club (il quale non le aveva dato più peso che a una stramberia passeggera), il signor Davis (che era stato il primo a prenderla seriamente), il dottor Holdman Stedding e il professor Ernest Keppel. Ma alcune settimane dopo la nascita del bambino di Mary, sul «Weekly Refresher» comparve un articolo dell’apprezzato divulgatore scientifico, Harold Rigamey, nel quale — come il professor Keppel disse con poca eleganza — «vuotava il sacco completamente».

È probabile che Rigamey l’avesse avuto di seconda o terza mano dal dottor Holdman Stedding, che, cosa alquanto stra­na, pare sia stato il meno discreto del gruppo primitivo. Il dot­tor Holdman Stedding può averne parlato a uno o due colle­ghi di professione, come di un esempio di somma elaborazio­ne intellettuale che può verificarsi in un caso di allucinazione mentale. Non c’è nessuna prova che Laidlaw, dopo la sua fantasiosa esplosione, fornisse materia ad ulteriori idee, fino a che non ne riscontrò l’eco sui giornali. Ma è molto probabile che abbia ripetuto la sua storia fantastica a un gruppo d’amici dopo il pranzo. Era l’ultimo superstite del vecchio Bob Ste­venson, York Powell, maestro d’eloquenza e gran chiacchie­rone.

Harold Rigamey era un essere formato in modo strano, con un intelletto fatto più per reagire che per agire. Era un ultra­eretico nato. Prima non credeva a niente, poi ritornava sulla propria incredulità. Da una solida educazione storica e lette­raria era retrocesso a uno stato di curiosità incomprensiva si­no alla scienza, e nell’ambito letterario del giornalismo aveva raggiunto una posizione molto ragguardevole, scrivendo sulla scienza in tono che procurava agli scienziati disagio e perples­sità grandissimi. Scopriva, per loro, mirabilie dove quelli non vedevano nulla di mirabile, e trovava nelle loro affermazioni più semplici paradossi incredibili e strepitosi. Per amici aveva le persone più bizzarre.

Possedeva una terribile mancanza di pregiudizi di fronte a ogni stravaganza non ortodossa. Odiava i dogmi ed era pieno di fede. Lavorava sempre per conciliare scienza e religione, spiritualismo e condotta, medicina e scienza cristiana, e il suo atteggiamento conciliante gli procurava un vasto pubblico di lettori che, tra le grandi istigazioni del mondo moderno, in­congrue e allarmanti e talvolta anche troppo insistenti, deside­rava conservare la propria pace mentale.

Quel leggero disagio, che a tutti ispirava, faceva parte del suo fascino. C’erano degli stimolanti in tutti i suoi sedativi. Quando invitava i lettori a prepararsi all’incontro con una persona di meriti spirituali, essi non erano mai troppo sicuri se si trattasse del caro arcivescovo di Canterbury, tutto lindo e profumato con i suoi bei polsini di pizzo, il bell’anello episco­pale e la sua solita vacua cortesia, o se si trattasse invece di un incontro alquanto repulsivo (benché certamente ugualmente edificante) con un fachiro disteso su un letto di chiodi insalu­bremente puro e indecentemente nudo.



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