Il fantasma del decorativo by Giuliana Altea

Il fantasma del decorativo by Giuliana Altea

autore:Giuliana Altea [Giuliana, Altea]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788865762257
editore: il Saggiatore
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Il revival dell’arazzo

Nel dopoguerra, intanto, le tesi di Greenberg contribuiscono potentemente a fare del decorativo uno strumento nella lotta per l’egemonia culturale sulla scena artistica internazionale. Già negli anni quaranta, il critico se ne serve per tracciare una demarcazione tra l’arte francese, ai suoi occhi ormai stanca ed esaurita e la nuova avanguardia americana. Eccettuato un piccolo gruppo di maestri storici – Matisse e Picasso in testa – i francesi sono tacciati in blocco di eccesso di raffinatezza, di leccata superficialità e presentati in una luce che punta a femminilizzarli, in opposizione alla nuova scuola newyorkese di cui si sottolineano l’aggressività e la rudezza: «Laddove i loro equivalenti americani tendono al fango o agli effetti sgargianti» sentenzia Greenberg «i pittori francesi tendono apparentemente ai coriandoli e alle luci al neon».65 Una sorta di nemesi storica consegna così la linea dell’astrazione parigina, maturata nel rifiuto dell’effeminata fatuità dell’ornamento, al ruolo di superstite estenuata e svirilizzata del passato.66 La critica francese avrebbe tentato di arginare questa identificazione con la tradizione della «bella pittura», del leccato e del rifinito, affrontando gli americani sul loro terreno: raccogliendo il guanto della violenza e dell’inquietudine con l’Informel, sostituendo all’edonismo dei richiami mediterranei di Picasso e Matisse un primitivismo di segno celtico, espressionistico, radicato nel passato gallico.67 Nessuna di queste mosse sarebbe valsa però a contrastare l’avanzata dell’Espressionismo astratto: non più di quanto riuscissero a oscurare l’immagine carismatica di Pollock al lavoro le performance di un Georges Mathieu (pittore sostenuto senza risparmio di retorica dal teorico dell’Art Autre, Michel Tapié) in cui l’artista, acconciato in una stravagante mise di sua invenzione – tra il medievale e l’orientaleggiante – si cimentava davanti al pubblico in metaforiche battaglie con enormi tele.

Ironicamente, gli stessi sforzi dei francesi per riproporre la propria identità artistica nel contesto postbellico lasciano spazio al riaffacciarsi del decorativo. Fin dagli anni quaranta, infatti, matura in Francia un revival in chiave moderna dell’arte che più di ogni altra viene identificata con la decorazione: l’arazzo.68 A rilanciarlo è, a Aubusson, un gruppo di artisti capeggiato da Jean Lurçat, la cui attività – portata avanti senza interruzioni anche durante il conflitto – troverà la propria voce critica in Jean Cassou, curatore capo del Musée National d’Art Moderne e verrà ampiamente pubblicizzata anche all’estero da una serie di esposizioni.69 Ma l’arazzo propagandato nella Francia del dopoguerra non è lo stesso cui si richiamavano mezzo secolo prima gli adepti del Simbolismo Nabi: non è una forma d’arte vaga e allusiva, un seducente arabesco destinato a farsi, nell’ambiente domestico, fondale discreto e silenzioso alla vita quotidiana. Lurçat lo presenta invece come concentrato monumentale di valori ideologici: genuina espressione, tutto in una volta, dell’estetica moderna, dell’ethos nazionale e dello spirito di opposizione della sinistra. Saltando i frivoli precedenti settecenteschi («non siamo così spiritosi, né così sottomessi alle gonnelle»),70 lo ricollega all’austerità del Medioevo; se l’arazzo del Settecento era degenerato in una elegante ma superficiale imitazione della pittura, ricca di mezze tinte e di sfumature, quello novecentesco deve adottare – anche per motivi economici



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