Il sogno by Álvaro Enrigue

Il sogno by Álvaro Enrigue

autore:Álvaro Enrigue [Enrigue,Álvaro]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2024-01-11T00:00:00+00:00


Mentre il consigliere che Apre le Piogge della Lingua e Amministra i Canti affinché Non Siamo come i Fiori e le Api che Durano solo qualche Giorno cantava l’interminabile Leggenda dei soli, Tlilpotonqui ricordò il momento in cui, verso la fine dell’autunno precedente, il pipil che l’imperatore aveva inviato sulla costa del Golfo era tornato confermando che i visitanti venuti da di là del Mayapán erano sbarcati in territorio imperiale.

Prima, quando il tlatoani era ancora Ahuizotl e Moctezuma un formidabile generale confinato a fare il sommo sacerdote del culto di Tezcatlipoca, si parlava dell’arrivo di un’inusuale quantità di gente delle isole che chiedeva rifugio ai maya perché uomini aggressivi venuti dall’altra parte del mare stavano devastando i loro territori. I taíno, che avevano sfidato le correnti del Golfo sulle loro piccole imbarcazioni perché qualsiasi sorte era preferibile al rimanere nelle isole, dicevano che i forestieri erano persone comuni, ma quando si presentavano in gran numero risultavano terrificanti.

Poi sarebbero arrivati i primi caxtilteca. Erano comparsi aggrappati a tronchi d’albero o su scialuppe sfondate, morti di paura, fame e freddo. Nessuno se ne era preoccupato, finché non avevano preso ad approdare su barche grandi come case, stracolme di uomini. Le prime volte li avevano avvistati da terra. Poi erano sbarcati a Cozumel, azzardandosi ad attraversare lo stretto e a stabilirsi nel Mayapán. Avevano bordeggiato la costa fino a mettere piede nei territori totonaca che di recente erano stati annessi all’impero.

Al momento dello sbarco sulle spiagge del Golfo, le voci correvano già da tempo. Si diceva che avessero addirittura fondato una città al di là del lago di Nicaragua; dicevano che avevano bastoni di fuoco e cani e cervi senza corna. La cosa aveva suscitato l’interesse del tlatoani, che fin dall’inizio aveva pensato che dei cervi addomesticati fossero un bene strategico. Si immaginava mentre entrava in groppa a uno di quegli animali a Tzintzuntzán, l’indomita capitale dei purépecha, figurando per sempre come il più grande degli imperatori mexica, colui che avrebbe piegato l’invincibile Michoacán.

Quando i barbuti erano sbarcati sulle rive dell’impero, il huei tlatoani, il Consiglio e il cihuacóatl avevano deciso di comune accordo di inviare il maggiordomo della Casa dell’Oscurità – altro titolo astruso e irritante – affinché li incontrasse sulla costa. Nella riunione in cui era stato pianificato tale incontro, Moctezuma non aveva detto una parola riguardo il suo interesse per quei cervi. Se qualcun altro si fosse reso conto che la cosa di maggior valore non erano le balestre né i bastoni di fuoco bensì i loro animali, rischiava che glieli prendessero lungo il cammino.

Mentre il membro del Consiglio che Apre le Piogge della Lingua e Amministra i Canti affinché Non Siamo come i Fiori e le Api che Durano solo qualche Giorno declamava il suo poema – era arrivato al secondo sole, ne mancavano tre –, Tlilpotonqui ricordava il momento in cui, secondo lui, la malasorte si era abbattuta su Moctezuma.

Ricordava la veemenza con cui si era opposto alla decisione del tlatoani di invitare Atotoxtli al colloquio privato con il maggiordomo della Casa dell’Oscurità una volta tornato dall’incontro con i caxtilteca.



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