La Capria, Raffaele by La neve del Vesuvio

La Capria, Raffaele by La neve del Vesuvio

autore:La neve del Vesuvio [Vesuvio, La neve del]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Letteratura
ISBN: 9788852062780
editore: Mondadori
pubblicato: 1998-03-27T23:00:00+00:00


VI

Il mare

A pancia sotto, sul muschio verde dello scoglio, il ciuffo dei capelli spiovente sul pelo dell’acqua, da un’ora immobile in quella posizione, Tonino guardava le pietre del fondo che là era bassissimo e formava una specie di conchetta trasparente. Un po’ di sabbia s’era smossa davanti alla tana, aveva visto sporgere, per un momento mimetizzata sul grigio della rena, la testa del «mazzone», una testa come quella di un grosso geco. Con larghi movimenti del braccio manovrò la lenza di nylon che teneva tra pollice e indice, e riuscì a portare l’amo innescato davanti allo spacco. Muoveva appena l’esca per darle parvenza di cosa viva, e aspettava che sbucasse di nuovo il mazzone, un pesce avido sempre pronto a buttar giù di colpo in un boccone l’amo e l’esca.

La schiena nera, ossuta, chiazzata di sale, pareva una cosa sola con lo scoglio, e già cominciava a scottare sotto il sole; la pancia appoggiata sul muschio bagnato s’era infreddolita, invece, era tutta dura e turbinava. Ma l’attenzione di Tonino era concentrata nella conchetta trasparente, in quelle quattro pietre del fondo che se le pigliavi e le portavi su erano pietre come le altre, potevi guardarle quanto volevi senza trovarci niente di speciale, e quando le vedevi invece sott’acqua, un’acqua così chiara, erano piene di magia, diventavano tutta un’altra cosa, si dilatavano, e guardandole ti immedesimavi in loro, erano ferme e serene e assorbivano ogni pensiero se ne avevi, e non sentivi più il sole che scottava sulla schiena o la pancia che turbinava, e pareva insomma di non essere più lì in carne ed ossa, ma che ci fossero solo quelle pietre ferme e serene e il tuo sguardo confuso con quelle. Poi veniva il momento che gli occhi facevano male per la troppa attenzione, lo spacco cominciava a tremolare, era proprio là dentro che aveva visto scomparire la testa del mazzone? E calcolava la distanza tra una pietra e l’altra per stabilire, dopo una specie di ipnosi in cui le pietre erano diventate ingannatrici, che no, non s’era sbagliato, che le pietre erano tornate al posto di prima e la tana era proprio là, la macchiolina rosea dell’esca era piazzata bene sulla sabbietta davanti alla tana, e forse il mazzone già l’aveva avvistata dal fondo buio del suo buco, pronto a buttarsela in corpo con l’amo, a ingoiare tutto.

In un momento così, a pochi centimetri da lui, scagliato con forza dall’alto, il sasso spaccò l’ordine calmo dell’acqua, sconvolse in anelli ondosi la magica serenità delle pietre sul fondo, ruppe il cerchio ipnotico dello sguardo intento di Tonino.

Si alzò di scatto in piedi furente, si voltò, e tutto il palazzo incombente come una gialla porosa rupe di tufo gli oscillò davanti agli occhi, e per un attimo parve piombargli addosso. Quando si ristabilì l’equilibrio Tonino vide, cinque sei metri più su, Massimo seduto sul muretto della terrazza. Lo guardava dall’alto in basso col compatimento che i ragazzi più grandi riservano di solito ai più piccoli.

«È un’ora che facevo la posta a ‘sto mazzone, mi hai rovinato tutto, mannaggia!» gli gridò.



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