La città perversa by Charles Grandison Finney

La città perversa by Charles Grandison Finney

autore:Charles Grandison Finney [Finney, Charles Grandison]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Classics, Fantasy, General
ISBN: 9788804337690
Google: nAo5AAAACAAJ
editore: Arnoldo Mondadori Editore
pubblicato: 1990-02-14T23:00:00+00:00


Il sonno e i sogni e il riposo e la pace sono belli.

Il vino, il cibo, il sonno e il sogno sono belli.

Bere, mangiare, amare e poi dormire è bello.

Queste sono cose adorabili: Amami, o Signore; riversa

Su di me molte di queste cose.

Amen.

Ritornai al mio verde giaciglio. Ma mi ci fermai davanti perché qualcuno si era rannicchiato sulle mie foglie e sui miei fiori. La mia furia salì alle stelle.

«Fuori!» tuonai. «Fuori di qui, dannazione! Sei caduto così in basso da sottrarre a un povero il suo letto?» E lanciai improperi in direzione della vaga figura che giaceva sul mio verde letto di foglie e di fiori, bestemmiai nel nome di Baldad il Sunita, e di Eliphaz il Theamanita, e di Sophar il Naamathita. Era tale la mia furia che invocai gli dèi della terra affinché aprissero per me il vulcano dove scaraventare l’usurpatore di letti nel fango mestruale del grembo del mondo.

Poi la figura vaga che giaceva in mezzo alle foglie e ai fiori si girò e si sollevò per metà; avrei voluto tagliarmi la gola.

«Non intendevo nessuna delle cose che ho detto» bisbigliai.

«Non avevo un luogo dove andare a dormire» disse Frances Shepherd. «Non sapevo che questo giaciglio fosse il suo. Mi dispiace. Me ne vado.»

Ed emerse dalla caverna ai foglie e si apprestò ad andare via. Ma io le presi le mani.

E urlai: «No! Non può andarsene! La trama richiede che io la trattenga. Lei è il simbolo di tutto ciò che è dolce, gentile e buono, il simbolo di tutto ciò che è mancato nella trama. Che cos’è una trama senza la semplicità e la bellezza? Deve restare, Frances! Qui, nella caverna di foglie, al caldo nel seno della Natura, deve offrirmi pace, speranza e gioia; deve placare la mia fame e la mia sete».

«Qui? Con lei? Ma preferirei stare nella gabbia con una tigre! Oh, mi lasci andare!»

Ma non la lasciai andare. Cercai di estorcere dalla sua paura, dal suo stupore e dal suo odio la mia ora dolce e semplice. E lei non lottò neppure; pianse solo.

E io guardai le sue lacrime, le lacrime di una fanciulla snella e stanca, lacrime che la resero brutta, una vergine addolorata. Allora le tolsi le mani di dosso, perché avevo toccato la sua bellezza, e a quel tocco essa era diventata dolorosa, desolata e brutta. Le tolsi le mani di dosso e me ne andai.

Quando mi esiliarono da Heilar-wey per vagabondaggio, mi dissero della morte di Ruiz.

Aveva conquistato grandi onori sul campo di battaglia; all’alba era diventato il conquistatore delle forze coalizzate. Ogni lingua ne lodava il nome. Era il grande eroe di tutta Heilar-wey.

E così avevano fatto una prodigiosa sfilata di trionfo lungo Calle Grande. Da ogni edificio sventolava una moltitudine di bandiere. L’aria era piena di urla di evviva e di urrah.

«Viva Vicq Ruiz! Salute a Vicq Ruiz! Banzai, Ruiz!» E così all’infinito.

Vi fu un terribile ruggito e la parata trionfale si bloccò e le donne svennero. Perché là davanti era comparsa la tigre; era



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