La ricreazione è finita by Dario Ferrari

La ricreazione è finita by Dario Ferrari

autore:Dario Ferrari [Ferrari, Dario]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Mystery & Detective, General
ISBN: 9788838944703
Google: MU6lzwEACAAJ
editore: Sellerio
pubblicato: 2023-02-15T11:40:20+00:00


Il momento in cui il dibattito sulla morte di Carmine – e il furore di chi aveva assistito alla scena – si riaccese fu quando, pochi mesi dopo, il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Lucca, Erminio Altieri, aveva dichiarato, con l’ennesima sentenza a tesi, il non luogo a procedere contro i celerini che lo avevano gettato giù dal ponte perché a suo avviso tale fatto non sussisteva, nonostante le numerose testimonianze oculari; e anzi era stato lui a cadere dalla balaustra su cui era salito per lanciare oggetti contundenti contro le forze dell’ordine. I giornali di destra si affrettarono a dichiarare restaurato – «anche se troppo tardi: sempre troppo tardi» – l’onore della divisa vigliaccamente infangato dai facinorosi, mentre tra i militanti operai, e specialmente tra chi era stato presente all’agguato della polizia e alla scena della violenza su Carmine, si riaccese un astio cieco contro le istituzioni.

Quella sera al bar Crispi l’indignazione era palpabile, ed era stata nuovamente confermata l’amara convinzione che fosse costitutivamente impossibile che lo Stato emendasse lo Stato, che il potere limitasse il potere: ogni volta che un poliziotto avesse fatto una violenza a un cittadino, avrebbe trovato un giudice ad assolverlo, semplicemente perché giudice e poliziotto non erano due istanze autonome il cui scopo era il bene comune, ma erano membra dello stesso corpo.

A Giorgio, anche lui attirato al bar dalla stessa smania di commentare la notizia del non luogo a procedere, dalla stessa furia indefinita di fare qualcosa contro un abuso così sfacciato, la metafora piacque, e la rilanciò, anche se a modo suo: «E invece basterebbe il Vangelo, se ci pensate. Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, tagliali e gettali via. È meglio entrare nella vita monchi o zoppi che entrare con due mani e due piedi all’inferno».

«Eh, bravo, prova a convincerli col Vangelo, questi pezzi di merda». Athos provava una certa insofferenza per i modi precisini e chiesarotti di Giorgio.

«Lupus non edit lupum», disse Tito comprendendo finalmente la sentenza di don Neri di qualche anno prima. Nessuno, nell’ardore del momento, ebbe voglia di chiedergli cosa significasse, e Tito pensò che fosse giusto così.

Quella sera – dopo che la signora Crispi ebbe cacciato gli ultimi avventori, svegliato il marito abbioccato su un tavolo e chiuso la saracinesca – nessuno dei cinque ragazzi aveva voglia di tornare a casa. Sentivano tutti una stessa smania, un medesimo bisogno di agire: sapevano che tornare a casa e andare a letto, quella sera, significava piegarsi, assuefarsi alla violenza dello Stato e dei padroni. Erano brilli e gonfi d’odio.

A Viareggio, in un martedì sera di marzo, a quell’ora non c’era nessuno in giro. Solo quelle anime in pena potevano aver voglia di starsene ancora per le vie deserte.

Fu Miro, ovviamente, a cominciare a parlare di costituire qualcosa: un nucleo, una cellula, una brigata. Tito ebbe la tentazione di dire a Miro di non parlarne in quel momento, che c’era anche Giorgio: sentiva che Romano, nonostante la militanza



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