L'amica geniale 04 - Storia della bambina perduta by Elena Ferrante

L'amica geniale 04 - Storia della bambina perduta by Elena Ferrante

autore:Elena Ferrante [Ferrante, Elena]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2014-10-09T22:00:00+00:00


78.

Tornai in via Tasso determinata a troncare con Nino ogni rapporto. Trovai la casa vuota e in perfetto ordine, sedetti accanto alla portafinestra che dava sul balcone. La vita in quell’appartamento era finita, in un paio d’anni si erano esaurite le ragioni della mia stessa presenza a Napoli.

Aspettai con un’ansia crescente che lui si facesse vivo. Trascorse qualche ora, mi addormentai, mi svegliai di soprassalto che era buio. Il telefono stava squillando.

Corsi a rispondere sicura che fosse Nino e invece era Antonio. Telefonava da un bar a pochi metri, mi chiese se potevo raggiungerlo. Gli dissi: sali. Sentii che esitava, poi acconsentì. Non ebbi alcun dubbio che me lo aveva mandato Lila e del resto lui lo ammise subito.

«Non vuole che fai sciocchezze» disse sforzandosi di parlare in italiano.

«Tu puoi impedirmelo?».

«Sì».

«Come?».

Sedette in soggiorno dopo aver rifiutato il caffè che volevo preparargli e pacatamente, col tono di chi è abituato a resoconti minuziosi, mi elencò tutte le amanti di Nino: nomi, cognomi, professioni, parentele. Alcune non le conoscevo, erano relazioni di vecchia data. Altre le aveva portate a cena in casa mia e me le ricordavo affettuose con me e con le bambine. Mirella, che si era presa cura di Dede, di Elsa e anche di Imma, stava con lui da tre anni. E ancora più lunga era la relazione con la ginecologa che aveva fatto partorire sia me che Lila. Mise insieme un cospicuo numero di femmine – le chiamò così – con le quali, in tempi diversi, Nino aveva applicato sempre lo stesso schema: un periodo di intensa frequentazione, poi incontri saltuari, in nessun caso un’interruzione definitiva. È uno affezionato, disse Antonio con sarcasmo, non interrompe mai veramente i rapporti: ora va da quella, ora va da quell’altra.

«Lina lo sa?».

«Sì».

«Da quando?».

«Da poco».

«Perché non me lo avete detto subito?».

«Io volevo dirtelo subito».

«E Lina?».

«Lei ha detto di aspettare».

«E tu le hai obbedito. Mi avete fatto cucinare e apparecchiare per persone con cui lui mi aveva tradita il giorno prima o mi avrebbe tradita il giorno dopo. Ho mangiato con gente a cui lui toccava il piede o il ginocchio o altro sotto il tavolo. Ho affidato i miei figli a una ragazza a cui saltava addosso appena giravo gli occhi».

Antonio si strinse nelle spalle, si guardò le mani, le intrecciò e se le lasciò tra le ginocchia.

«Se mi comandano di fare una cosa, la faccio» disse in dialetto.

Ma poi si confuse. La faccio quasi sempre, disse, e provò a giustificarsi: certe volte obbedisco ai soldi, certe volte alla stima, in qualche caso a me stesso. Questi tradimenti, mormorò, se uno non li viene a sapere al momento giusto non servono, quando sei innamorato perdoni tutto. Perché i tradimenti abbiano il loro peso effettivo deve prima maturare un poco di disamore. E seguitò così affastellando frasi sofferte sulla cecità di chi ama. Quasi a mo’ di esempio, tornò a raccontarmi di quando anni prima, per conto dei Solara, aveva spiato Nino e Lila. In quel caso, disse con fierezza, non ho fatto quello che mi avevano commissionato.



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