Lover Avenged.Un amore infuocato(La Confraternita Del Pugnale Nero 7) by J. R. Ward

Lover Avenged.Un amore infuocato(La Confraternita Del Pugnale Nero 7) by J. R. Ward

autore:J. R. Ward
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-09-25T16:00:00+00:00


Capitolo 36

La madre di Rehvenge passò nel Fado alle undici e undici del mattino.

Era circondata dal figlio, dalla figlia, dalla nipotina addormentata e dal feroce genero, e assistita dall'amata doggen.

Fu una buona morte. Un'ottima morte. Madalina chiuse gli occhi e un'ora dopo ansimò due volte esalando un lungo respiro, come se il suo corpo tirasse un sospiro di sollievo nel vedere l'anima che volava via, libera dalla sua gabbia corporea. E accadde una cosa strana... Nalla si svegliò proprio in quel momento e puntò lo sguardo non sulla sua granhmen, ma sopra il letto. Tese verso l'alto le manine paffute e sorrise contenta, come se qualcuno le avesse appena accarezzato la guancia.

Rehv fissava quel corpo senza vita. Sua madre aveva sempre creduto di rinascere nel Fado, le radici della sua fede affondavano nel fertile terreno della sua formazione di Eletta. Lui sperava fosse vero. Voleva credere che Madalina continuasse a vivere, da qualche parte.

Era l'unica cosa in grado di alleviare, anche se solo minimamente, il dolore che gli opprimeva il petto.

La doggen si mise a piangere sommessamente e Bella abbracciò la figlioletta e Zsadist. Rehv rimase in disparte, seduto da solo ai piedi del letto a guardare il volto di sua madre che, a poco a poco,perdeva colore.

L'improvviso formicolio alle mani e ai piedi gli rammentò che il lascito di suo padre, proprio come quello di sua madre, non lo abbandonava mai.

Si alzò e con un inchino prese congedo dagli altri. Nel bagno della stanza in cui si era sistemato guardò sotto il lavandino e ringraziò la Vergine Scriba di essere stato tanto previdente da nasconderci un paio di fiale di dopamina. Accese il lampadario e si tolse la pelliccia di zibellino e la giacca di Gucci. La luce rossa che pioveva dall'alto lo spaventò a morte: pensava che lo stress del decesso facesse emergere il suo lato malefico; allora la spense, aprì il rubinetto della doccia e, prima di continuare, attese di veder salire il vapore.

Ingoiò altre due compresse di penicillina, battendo nervosamente il piede.

Quando si sentì in grado di farlo, arrotolò la manica della camicia ignorando deliberatamente il suo riflesso allo specchio. Dopo aver riempito la siringa, si strinse intorno al bicipite la cintura di Louis Vuitton, tirando al massimo il cuoio nero e tenendolo fermo contro le costole.

Infilò l'ago d'acciaio in una delle vene infette e abbassò lo stantuffo...

«Cosa stai facendo?»

La voce di sua sorella gli fece alzare la testa di scatto. Nello specchio, Bella fissava l'ago nel suo braccio e le vene livide e rovinate. Il suo primo impulso fu di gridarle di levarsi dai piedi. Non voleva che vedesse quella scena, e non solo perché significava mentirle di nuovo, ma perché era una cosa sua personale.

Invece con calma estrasse la siringa, la tappò e la gettò via. Mentre la doccia sibilava, tirò giù la manica e si infilò giacca e zibellino.

Poi chiuse il rubinetto.

«Ho il diabete», disse. Merda, a Ehlena aveva detto di avere il Parkinson. Maledizione.

Be', tanto mica dovevano vedersi, lei e sua sorella.

Bella si portò la mano alla bocca.



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