Luci su Los Angeles by Robert Crais

Luci su Los Angeles by Robert Crais

autore:Robert Crais [Crais, Robert]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-07-27T12:00:00+00:00


29

Il poliziotto che mi aveva ammanettato era Bud Leifertz. Il suo socio era un tizio di nome Vince Osch. Mi accompagnarono dentro la stazione di polizia di Hollywood passando dall’ingresso posteriore, mi portarono al secondo piano e mi ammanettarono a un piccolo tavolo in una sala degli interrogatori angusta e dipinta di giallo. Poi uscirono, chiusero la porta e mi lasciarono lì da solo.

Originariamente le pareti erano di un gradevole giallo pastello, ma anni di sudore, sputi, e schizzi di caffè che nessuno si era premurato di pulire avevano trasformato il giallino nel colore del pus. Ero stato in quella stanza altre due volte, prima di allora. Era arredata con un tavolo di plastica grigia e due sedie anch’esse di plastica grigia. Non c’erano finestre né falsi specchi, ma da un angolo del soffitto pendeva un supporto per telecamere privo di telecamera, come un ragno morto da una ragnatela sfilacciata. Ammanettandomi mi avevano tecnicamente arrestato. Ero stato perquisito e mi avevano tolto portafoglio, telefono, chiavi e orologio, ma non mi era stato contestato alcun reato e non mi avevano letto i miei diritti. Mi chiesi perché. Me lo stavo ancora chiedendo, quaranta minuti dopo, quando tornarono Leifertz e Osch.

«Lo sapevate che manca la telecamera, vero?» dissi.

Leifertz si sedette sulla sedia di fronte a me. Osch si appoggiò alla porta a braccia conserte. Leifertz si sporse in avanti e mise gli avambracci sul tavolo.

«Vorrei cominciare dicendo che possiamo chiarirci qui e adesso. Dipende da te, amico. Come andrà a finire dipende solo da te.»

Ogni interrogatorio farsa cominciava esattamente in questo modo. Parola per parola.

Indicai le sue braccia.

«La caccola.»

Leifertz mi guardò perplesso senza capire.

«Cos’hai detto?»

«La manica.»

Indicai di nuovo le sue braccia.

«Sul tavolo. Qualcuno ha appiccicato una grossa caccola. Lei ci sta appoggiato sopra.»

Leifertz arrossì ma non si mosse. Mi guardò negli occhi e disse, piano: «Hai sentito, Vince? Fa lo spiritoso».

«Sono tutti uguali» ribatté Osch dalla porta.

Leifertz si sporse verso di me.

«Quelli come te finiscono sottoterra.»

«Prima o poi ci finiamo tutti, Leifertz. L’importante è come viviamo.»

Osch parlò, dalla porta. «Hai mai avuto rapporti sessuali con la giovane donna nota come Skylar Lawless, il cui vero nome è Rachel Belle Bohlen?»

Sentir pronunciare il suo nome mi sorprese. Non avrei dovuto guardarlo, ma lo feci. Osch aveva la voce calma e pacata di un prete e lo sguardo assente di una carpa.

«Chi?» dissi.

Leifertz fece un sorriso perfido.

«Scommetto che non fai che vedere i suoi film.»

Mi costrinsi a guardare il supporto della telecamera. Era sempre uguale.

«Qualunque cosa abbiate in mente, dovrete aspettare finché non arriva il mio avvocato.»

Osch non cambiò espressione né tono di voce.

«Da quanto tempo le stai addosso?»

Scossi il capo.

«Avvocato.»

Il sorriso perfido di Leifertz si fece ancora più malvagio. Sembrava quello di una zucca di Halloween pazzoide.

«Ho visto un paio di suoi video questa mattina. Con un bocconcino così posso capire che ti sia venuta una fissa.»

«Avvocato.»

Osch sorrise. «Stalker.»

Leifertz tamburellò sul tavolo.

«Sei stato a casa sua. L’hai cercata per tutta la città. Sei stato tu.»

«Oppure sta coprendo qualcuno» disse Osch.

Leifertz mollò una manata sul tavolo.



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