Murad Murad by Suad Amiry

Murad Murad by Suad Amiry

autore:Suad Amiry [Amiry, Suad]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


9. – RINASCE LA SPERANZA

Domenica 13 maggio 2007, ore 7.10

Dal villaggio di Az-Zawiya all’ombra degli olivi

Erano passate da poco le sette, quando si sono presentati due ragazzini di dieci o undici anni. Trasportavano un enorme thermos metallico pieno di caffè, grande quasi quanto loro. Quando li ho visti comparire mi sono detta: va be’, per oggi è andata. I due bimbetti si sono messi a girare in tondo, uno di qua, l’altro di là, vendendo il loro caffè ai numerosi gruppetti di lavoratori che ciondolavano lì intorno, seduti sotto gli olivi e ancora appesi alla speranza che la fortuna cambiasse. In men che non si dica, attorno agli uomini disposti a cerchio si sono formati vari anelli di tazzine di plastica bianca.

“Ti andrebbe un caffè?” ha proposto Saed. Per non dirgli di no, ho fatto il tremendo errore di berlo. Ancor prima che mi sfiorasse lo stomaco, ho sentito il bisogno impellente di correre in bagno. Superata l’inquietudine che precede l’azione, mi ero totalmente dimenticata che fino a qualche ora prima ero in preda alla cacarella. Con tutta la discrezione consentita dalle circostanze, ho chiesto a Mohammad se poteva gentilmente riaccompagnarmi al villaggio di Az-Zawiya. Non avevo altra scelta.

“Per quest’oggi ti sei data per vinta, eh?”

“Hai deciso di tornare indietro?”

“Se Abu Mazen[1] e Haniyeh[2] ci accompagnassero anche solo una notte, forse la pianterebbero di litigare.”

Non volendo essere tra i primi a “darmi per vinta”, sono stata costretta a fornire, benché leggermente imbarazzata, una spiegazione:

“No... no, abbiamo solo bisogno di fare un salto ad Az-Zawiya, torniamo subito”.

Una volta capito di che tipo di bisogno si trattava, non ci sono state altre domande.

Da quando ci eravamo messi in viaggio era la prima volta che Mohammad faticava a tenermi dietro. Incamminatami a passo svelto, ben presto l’ho allungato, quindi mi sono messa a correre, poi mi sono precipitata, infine ho fatto uno scatto da velocista. In meno di venti minuti facevo jogging tra i vicoli sterrati e deserti di Az-Zawiya. Non c’era nessuno a cui rivolgere la parola. Stavo quasi per disperare, quando, ormai pronta a bussare alla porta del primo sconosciuto, ho sentito che Mohammad diceva:

“Buongiorno, hajj”.

Mi sono voltata e ho visto un vecchio sull’uscio di casa. Il fragile corpo appoggiato contro un muro di pietrisco, con grande fatica stava mettendo a dimora un paio di pianticelle di olivo. Mi sono diretta verso di lui, unendo i miei saluti a quelli di Mohammad:

“Marhaba, hajj”. Nessuna risposta.

“Ehi!” ho gridato con quanto fiato avevo in gola. Di nuovo nessuna risposta.

“Probabilmente è sordo,” ha commentato Mohammad.

“Lo vedo da me... non sono mica cieca.”

Eravamo letteralmente addosso al suo piccolo corpo chino, eppure l’hajj non si è accorto della nostra presenza finché Mohammad non gli ha toccato le spalle.

“Buongiorno!” ha urlato, pensando che fossimo sordi anche noi.

“Mia madre ha un bisogno disperato del bagno, può usare il tuo?”

“Di dove siete?” ha chiesto il vecchio, come fanno tutti i palestinesi quando incontrano qualcuno per la prima volta.

Oh, mio Dio, ho pensato, se inizia la tipica interminabile inchiesta palestinese sono nei guai.



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