Niente da perdere by Susana Fortes

Niente da perdere by Susana Fortes

autore:Susana Fortes [Fortes, Susana]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Cammino del penitente, Quattrocento, Galizia, Santiago, omicidio rituale, Villar, Caos dopo di te
editore: astoria
pubblicato: 2023-06-04T22:00:00+00:00


8 “Addio fiumi, addio sorgenti.” [N.d.T.]

15

La ragazza dai capelli rossi che suonava la gaita si chiamava Sara Freire ed era cugina dei bambini. Non era nemmeno nata quando loro erano scomparsi, ma era cresciuta nel calvario delle domande senza risposta. In qualche modo la famiglia materna aveva tenuto accesa la fiamma del ricordo. Assomigliava più a Nico che a Hugo, con le orecchie piccole e rosse e i capelli ricci. Era una delle migliori alunne della scuola civica di musica di Vigo. Nelle sue note c’erano una magia ultraterrena e una malinconia che spezzavano il cuore.

Dopo il funerale cominciai a capire che genere di reportage avesse in mente Lois Lobo. Il suo metodo di lavoro era semplice e al tempo stesso metodico, ossia coprire tutta la regione a caccia di frasi colte al volo, in modo da unire i puntini. Parlava con la gente del posto: pescatori come Sindo, camerieri, muratori, persone che giocavano a carte nelle osterie davanti a un bicchierino di acquavite sparlando dei compaesani, donne che vendevano il pesce al mercato, le mani viola dal freddo, e ragazzine che suonavano la gaita. Quello che lui definiva “fermarsi a un angolo ad ascoltare il vento”.

“Prima o poi, la gente dice quello che ha da dire.”

A volte usava un registratore, altre no. E magari il caso o una coincidenza gli servivano una testimonianza inattesa su un vassoio d’argento. Scoprii così che aveva conosciuto Sara in occasione di un festival di musica celtica in cui la ragazzina aveva vinto un premio. La sua foto era stata pubblicata sul supplemento domenicale del “Faro de Vigo”, facendole guadagnare la fama di giovane promessa della scuola. Con Lobo si erano subito piaciuti. E così, quando era uscita la notizia del ritrovamento dei resti, con tutto il circo che ne era seguito, la ragazzina lo aveva chiamato dicendogli che aveva bisogno di parlargli. Al telefono era stata vaga, ma Lobo aveva capito perfettamente che qualcosa la tormentava. Sara aveva la particolarità di rispondere “no” a domande alle quali ci si sarebbe aspettati un “sì”.

“Tranquilla, se c’è qualcosa che ti preoccupa, puoi dirmelo. Ti assicuro che farò tutto quello che posso per aiutarti,” le aveva detto lui, mantenendo un tono pacato.

“No, non è per me…” aveva balbettato lei.

“E per chi, allora?”

“Non lo so…” Era rimasta qualche istante in silenzio. “È che non riesco a vedere il lato buono di questa storia.”

Non riusciva a vederci il lato buono.

I resti di due bambini, i suoi cugini, erano stati ritrovati venticinque anni dopo la sparizione, in un contesto che lasciava ipotizzare una sepoltura rituale, e lei non riusciva a vederci il lato buono.

Quando Lobo me lo raccontò, disse che quell’espressione lo aveva talmente colpito che quasi si era messo a ridere. Aveva fatto sorridere anche me, a dire il vero. Com’era possibile che, di fronte alla morte in circostanze inspiegabili di due parenti e il ritrovamento dei loro resti, qualcuno potesse uscirsene con un “non riesco a vederci il lato buono”? A parte la stonatura, però, in quell’espressione



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