Pecador Flor de Cuba by Connie Furnari & Aura Conte

Pecador Flor de Cuba by Connie Furnari & Aura Conte

autore:Connie Furnari & Aura Conte [Furnari, Connie & Conte, Aura]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9781545565704
Google: leS_tAEACAAJ
editore: CreateSpace Independent Publishing Platform
pubblicato: 2017-04-26T08:58:19+00:00


***

Ricordavo quell’edificio a memoria.

Nei miei ricordi, quella grande porta aveva segnato l’inizio della mia nuova vita.

Era il primo pomeriggio, il sole era ancora alto e cocente.

Suonai il campanello con esitazione, mi sentivo nervosa e preoccupata.

Imprecai nella mia mente, anche se non mi trovavo nel posto più adeguato per farlo.

Non avevo avuto il tempo di avvertirla, di dirle che sarei andata da lei. Non aveva idea che fossi tornata a Miami.

Qualcuno si mosse dietro la porta, poi la aprì.

Suor Valeria apparve all’improvviso davanti a noi, la portinaia del convento di Santa Maria Addolorata da almeno trent’anni.

Mi fissò sconvolta per alcuni secondi, poi si spostò per lasciarci entrare.

Per lei, come per tutto il resto di Miami, io ero morta.

«Madalena, santo cielo!» affermò, abbracciandomi.

Ricambiai il suo gesto con affetto, fin quando Tony non iniziò a tirarmi leggermente la mano. Lui non aveva idea di dove ci trovassimo, né di chi fossero quelle suore.

Sapeva ben poco del nostro passato, soltanto che il suo papà aveva fatto un lavoro molto duro prima di trasferirci a Los Angeles, e che doveva stare molto attento fin da piccolo, se qualche sconosciuto si fosse avvicinato a lui.

Di me sapeva soltanto che da qualche parte aveva un nonno molto cattivo, il quale voleva farci del male.

Né io né Rafael eravamo riusciti in tutti quegli anni a spiegargli esattamente che cosa era accaduto a Miami, prima della sua nascita.

Forse perché quegli eventi erano ancora delle ferite aperte.

«Ho bisogno di incontrare la madre superiora» le dissi, sciogliendo il nostro abbraccio.

«Certo, ti porto subito da lei» replicò suor Valeria e senza indugio, ci avviamo all’interno del convento.

Come se fosse stato ibernato per sette anni, l’intero edificio non era cambiato di una virgola.

Ogni mobilio era rimasto esattamente dove lo ricordavo, prima di essere rapita da quella che consideravo la mia casa.

L’unica cosa nuova all’interno dell’edificio era la statua di una Madonna.

Le suore di quel convento non potevano permettersi qualcosa del genere, lo sapevo bene.

Quel grande oggetto in marmo doveva essere frutto di una sostanziosa donazione e vista la sua opulenza, non poteva che provenire dal clan.

Quasi sicuramente era stato Juan ad aver fatto realizzare quella statua, poiché ai suoi piedi c’era un’etichetta a mio nome.

Malèna Guerrera.

Il nuovo nome con cui tutti mi conoscevano, dopo aver relegato Madalena De La Cruz nel mio passato.

Quando entrammo nell’ufficio della madre superiora, la trovammo impegnata a lavorare su dei quaderni.

Stava correggendo i compiti dei bambini accolti all’interno del collegio, come ogni brava insegnante.

«Madre superiora» biascicai a bassa voce, terrorizzata.

In quegli anni c’eravamo scambiate alcune lettere, dopo la mia fuga in California. Non ero riuscita a evitarlo. Durante la mia infanzia, era stata come una madre, non potevo ingannarla con una morte fasulla.

La madre superiora alzò lo sguardo e posò i suoi occhiali da lettura sul tavolo. Poi, ci fissò in silenzio per qualche secondo e fece un lungo respiro.

«Suor Valeria, ci lasci soli, per favore» ordinò e fu subito ascoltata.

Con autorevolezza, si alzò dalla sua poltrona e si avvicinò subito al piccolo Tony per accarezzargli il viso.

«Hai fame?» domandò a mio figlio, con fare materno.



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