Simoni Marcello - 2016 - L'abbazia dei cento inganni by Simoni Marcello

Simoni Marcello - 2016 - L'abbazia dei cento inganni by Simoni Marcello

autore:Simoni Marcello [Simoni Marcello]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, Thrillers, General
ISBN: 9788854194045
Google: R6arCwAAQBAJ
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2016-06-22T22:00:00+00:00


32

Feudi di Ferrara

16 aprile

L’uomo a cavallo comprese di essere giunto a destinazione appena si trovò a percorrere una via fangosa affiancata da alberi di impiccati. Al suo passaggio, un nugolo di corvi si levò dai cadaveri, diffondendo un funesto gracchiare per i campi. Ancora un colpo di briglia e vide l’accampamento. Ben poche tende, a onor del vero, quasi che il marchese si fosse ritirato in quelle lande per combattere nemici assai meno numerosi di quanto annunciato dalle grida.

Procedette fino agli stallaggi, balzò giù da sella e si rivolse al primo scudiero che gli capitò a tiro. Era divorato dalla stanchezza e dai quesiti che l’avevano assillato, moltiplicandosi, durante l’attraversata al galoppo. «Devo parlare con sua signoria», spiegò sbrigativo.

L’uomo reagì bruscamente. «Mi avete preso per un famiglio?»

«Vi ho preso per quel che siete, e ora sbrigatevi!», lo afferrò per le vesti. «Questione di vita o di morte!».

Obizzo d’Este sedeva davanti alla propria tenda, intento a nutrire uno sparviero con dei brandelli di carne. Se li faceva strappare dalle dita, istigando la bestia a far forza con il rostro. Avvicinandosi a lui, Maynard non poté esimersi dal fissare le sue iridi nere, immobili sul predatore. Un’impresa ardua indovinare i pensieri che nascondevano. «Ignoravo foste giunto fin qui per dedicarvi alla falconeria», esordì con tono tutt’altro che faceto.

«Per meditare su chi è cacciatore e chi preda, piuttosto», ribatté il nobiluomo sollevando lo sguardo.

Rocheblanche sorvolò su quell’apparente indifferenza. «In ognuno di noi non albergano forse entrambe le nature?».

Sua signoria posò lo sparviero su un trespolo. «Non alludo all’istinto rapace dell’uomo», specificò, «bensì alla misura in cui ciascuno di noi è consapevole di avere, sopra la testa, degli artigli sempre pronti a ghermirlo».

«Io vado ben oltre la consapevolezza», sorrise amaramente. «Li scorgo benissimo».

«Davvero?». Obizzo lo fissò enigmatico. «Forse riponete troppa fiducia nella portata del vostro sguardo».

«In quanto al vostro, invece», ribatté Maynard, «si è mai posato su questo?». Così dicendo, aprì la bisaccia che portava sotto il mantello e gli mostrò il ritratto di donna trovato due notti prima.

L’Estense si accigliò di colpo. «A cosa vi riferite, con esattezza?»

«Da quando l’ho rinvenuto non mi do requie», confessò, osservando il dipinto. «Non riesco a capire perché assomigli tanto a Lippa Ariosti».

«La somiglianza è ovvia», sbuffò Obizzo, «dacché si tratta della sorella».

Il cavaliere sobbalzò. «La… sorella?».

Il marchese parve godere del suo stupore. «Margherita Ariosti, nata da madre diversa e di qualche anno più giovane», rivelò. «Circa un mese fa esternò la sua intenzione di insediarsi a Ferrara e io acconsentii, ritenendo legittimo che tra i nobili forestieri giunti a rimpinguare il sangue della città rientrassero anche gli Ariosti di Bologna».

Maynard ebbe l’impressione di cogliere un accenno di bramosia che suggeriva un interessamento assai più personale di quanto gli venisse prospettato. Del resto, Margherita Ariosi somigliava a tal punto alla sorella da non escludere che avesse suscitato il desiderio di Obizzo. E forse anche la sua gelosia. «Ho bisogno di parlare con quella dama», rivelò. «Dove posso trovarla?»

«Cosa vi fa presumere che lo sappia?»

«Se non voi, chi?»

«Assegnare le dimore rientra fra i compiti del giudice dei Savi».



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