Testi E Note N. 2 by Isaac Asimov

Testi E Note N. 2 by Isaac Asimov

autore:Isaac Asimov
La lingua: ita
Format: mobi, epub
editore: Arnoldo Mondadori Editore
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


CHE COSA IMPORTA A UN'APE?

La nave diventò uno scheletro di metallo. Poco per volta venne rivestita di un'epidermide lucente che coprì le parti vitali stipate all'interno.

Fra tutti, con una sola eccezione, Thorton Hammer fu quello che fisicamente si prodigò di più. Forse per questo era tanto stimato. Era lui che decifrava i simboli matematici dai quali si ricavavano i progetti, che costituivano a loro volta la base per la costruzione vera e propria delle parti di cui era formata la nave.

Hammer osservava accigliato i lavori, da dietro le spesse lenti che riflettevano la luce dei tubi fluorescenti. Theodore Lengyel, capo del personale della ditta che finanziava i lavori, gli disse, indicando col dito: ― Ecco, è quello.

Hammer sbirciò: ― Volete dire Kane?

― Quel tizio con la tuta verde che ha in mano una chiave inglese.

― Sì, è Kane. Perché ce l'avete con lui?

― Voglio sapere cosa fa. Quell'uomo è un idiota. ― Lengyel aveva una faccia tonda e piena e parlando gli tremolavano le guance.

Hammer si voltò a guardarlo, e tutta la sua figura alta e asciutta esprimeva corruccio: ― Gli avete dato fastidio?

― Fastidio? Gli ho solo parlato. È mio compito parlare con gli uomini, sentire come la pensano, raccogliere informazioni utili a lanciare campagne per risollevare il morale.

― E Kane ha creato qualche difficoltà?

― È insolente. Gli ho chiesto che effetto gli fa costruire una nave che arriverà sulla Luna. Mi sono dilungato un po' sulla possibilità che un giorno le nostre navi viaggeranno fino alle stelle... forse mi sono accalorato e ho esagerato, ma lui mi ha piantato in asso in malo modo e quando l'ho richiamato dicendogli: «Dove andate?» mi ha risposto: «Sono stufo di chiacchierare. Vado fuori a guardare le stelle».

Hammer annuì. ― È vero. A Kane piace guardare le stelle.

― Ma era giorno. Quell'uomo è un idiota. L'ho tenuto d'occhio, da allora, e mi sono accorto che non fa niente.

― Lo so.

― E allora perché continuate a tenerlo?

― Perché mi piace vedermelo intorno ― rispose Hammer con piglio deciso. ― È il mio portafortuna.

― Il vostro portafortuna? ― balbettò Lengyel. ― In che senso?

― Nel senso che quando è qui riesco a pensare meglio. Quando mi porge la sua chiave inglese mi vengono tante idee brillanti. Non saprei spiegare come e perché, ma si è già verificato tre volte, e a me basta. Le spiegazioni non m'interessano. Kane rimane.

― Volete scherzare.

― Me ne guardo bene. E adesso lasciatemi in pace.

Kane se ne stava là nella sua tuta verde, con la chiave inglese in mano.

Si rendeva vagamente conto che la nave era quasi pronta. Non era fatta per trasportare un uomo, ma c'era spazio sufficiente per un uomo. Kane lo sapeva, nello stesso modo in cui sapeva tante altre cose; come stare alla larga dalla gente, come portarsi sempre appresso la chiave inglese finché tutti ci avevano fatto l'abitudine e non ci badavano più. Per mimetizzarsi bastava a volte una cosa da nulla, come, per esempio, girare con una chiave inglese.

Kane soggiaceva a molteplici impulsi di cui non capiva il senso, come quello di arrestarsi a guardare le stelle.



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