Ti uccido per gioco by Gian Mauro Costa

Ti uccido per gioco by Gian Mauro Costa

autore:Gian Mauro Costa [Costa, Gian Mauro]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-05-02T12:00:00+00:00


Ventuno

«Finalmente abbiamo qualcosa di concreto su cui lavorare. E si tratta di persone, non di disegnini.» Santo Iovino voleva riguadagnare i punti persi agli occhi di Angela. Lei immaginava benissimo cosa passava per la testa del collega: Altro che baloccamenti su ritratti e ricordi risorgimentali avallati da quel bellimbusto della Scientifica, qui ci vogliono indagini tradizionali, interrogatori, indizi... Ci vuole azione!

Ma non se la prese per la frecciatina scagliata da Santo: un po’ perché intuiva che l’intento non era di ferirla ma era invece dettato dalla gelosia professionale e personale nei confronti di Francesco, e poi perché capiva che non poteva permettersi di essere presuntuosa con un collega di maggiore esperienza. Lei era alle sue prime indagini ufficiali alla Omicidi, aveva molto da imparare e, anche se si fidava del suo intuito, doveva preferire il profilo basso, il lavoro di squadra, l’ascolto rispettoso degli investigatori più navigati.

Santo le aveva spiegato in poche parole le novità sopraggiunte. Lui e gli altri colleghi impegnati negli interrogatori avevano fatto tesoro delle indicazioni del dirigente. Avevano cioè puntato l’attenzione sulle piccole anomalie annotate. In primis, il resoconto del procuratore legale, Antonio Sanvito. Erano tornati alla carica chiedendogli di ripetere il suo racconto della giornata e quando Sanvito aveva confermato di aver visto un soldato verde abbandonare il luogo assegnatogli come addetto alla sicurezza, era spuntato un dettaglio inedito. Nel rievocare l’immagine, il procuratore si era ricordato di un particolare che nel primo interrogatorio gli era sfuggito: quel soldato zoppicava leggermente. Partendo da qui, non era stato difficile individuarlo tra gli ottanta partecipanti: Massimo Oliva, quarantaquattro anni, bidello di una scuola elementare, residente a Palermo. Era stato a sua volta nuovamente interrogato, anche perché nella sua deposizione, molto asciutta e piena di “non so” e “non ricordo”, non aveva fatto il minimo cenno all’abbandono della sua postazione. Oliva aveva ammesso la propria reticenza, dettata, a suo dire, da imbarazzo. Sì, si era dovuto allontanare, e per un motivo poco onorevole: un bisogno impellente – ecco perché si era diretto verso un cespuglio ed era scomparso. Ma a quel punto aveva aggiunto, per recuperare un po’ d’orgoglio: «Non è successo soltanto a me, anche ad altri tre commilitoni, qualcosa ci ha fatto male».

E aveva fatto senza resistenze il nome dei tre in questione: Fabio Di Furco, impiegato delle poste di Montemaggiore Belsito, Alberto Ferro, rivenditore di macchinari agricoli, anche lui di Montemaggiore, e Gesualdo Alario, macellaio, di Palermo. Avevano concordato di tacere, aveva precisato con aria innocente, perché la loro defezione era forse costata la vittoria all’esercito verde. Non avevano potuto, cioè, coprire dovutamente i commilitoni al momento dell’attacco sferrato dai gialli.

Erano stati ricostruiti spostamenti e tempi: il bidello aveva convenuto che per circa mezz’ora la squadra dei quattro addetti alla sicurezza si era dispersa e che ognuno aveva cercato riparo da occhi indiscreti senza più controllare i movimenti degli altri o del nemico. Erano fuggiti, avevano appurato gli investigatori, in una direzione compatibile con il sentiero che portava al casolare.

L’episodio si era verificato prima o



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