Todorov Tzvetan - 2007 - Lo spirito dell'illuminismo by Todorov Tzvetan

Todorov Tzvetan - 2007 - Lo spirito dell'illuminismo by Todorov Tzvetan

autore:Todorov Tzvetan [Todorov Tzvetan]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Philosophy, Political
ISBN: 9788811144434
Google: k8X4CgAAQBAJ
editore: Garzanti
pubblicato: 2015-11-24T23:00:00+00:00


6. Umanità

La sola autonomia non basta a descrivere in quale modo gli illuministi concepiscano il comportamento umano ideale. È meglio essere guidati dalla propria volontà piuttosto che da una regola esterna, siamo d’accordo, ma a quale scopo? Le volontà e le azioni non hanno tutte lo stesso valore. Non è più possibile rivolgersi al cielo per decidere quali siano quelle buone e quelle cattive, bisogna attenersi alle realtà terrene. Dalla finalità lontana – Dio – bisogna passare a una più vicina che, come proclama l’illuminismo, coincide con l’umanità stessa. È buono ciò che serve ad accrescere il benessere degli uomini.

Una simile affermazione costituisce una leggera modifica della dottrina cristiana, non un suo rifiuto. Essa, in effetti, ha posto sullo stesso piano due amori, quello verso Dio e quello verso il prossimo. San Paolo proclama a più riprese che «chi ama il prossimo ha adempiuto la Legge». Semplicemente, gli illuministi dichiarano di accontentarsi di un solo termine dell’uguaglianza. «È sufficiente che gli uomini si limitino all’amore cristiano; poco importa quel che accade alla religione cristiana», scrive Lessing nel 1777: viene messo da parte il quadro dottrinale e istituzionale, non il contenuto che esso metteva in risalto. È lo stesso spirito deista che dieci anni più tardi illustra Franklin, quando afferma: «Il culto più gradito a Dio è fare del bene agli uomini». L’amore per gli esseri umani non ha più bisogno di una giustificazione divina; immaginando un atto d’ospitalità, Franklin commenta: «Non è per amore di Cristo che vi offro la mia casa, ma per amor vostro».51

Con questi presupposti l’essere umano diventa l’orizzonte della nostra attività, il punto focale verso cui tutto converge. Quando Diderot si interroga sul principio che rende unitario il suo progetto enciclopedico, ne vede uno solo: l’uomo. Avviene già così per l’universo, che l’Enciclopedia cerca di comprendere e rappresentare. «Perché non potremmo introdurre nella nostra opera l’uomo com’è posto nell’universo? Perché non potremmo farne un centro comune?»52 Si tratta, al tempo stesso, di un diritto e di un dovere: l’uomo diventa il centro dell’opera perché è il centro del mondo – o, piuttosto, è lui che ne dà il senso. Per tale motivo, la sua esistenza cessa di essere un semplice mezzo posto al servizio di un fine più elevato, come la salvezza dell’anima o la venuta del regno di Dio; il suo scopo deve essere trovato in essa stessa. Attraverso le parole della sua eroina Julie, Rousseau enuncia questo principio: «L’uomo è un essere troppo nobile perché debba servire semplicemente da strumento per altri».53 Questo nuovo ruolo dell’uomo, che lo contrappone ora in quanto assoluto alle cose che sono solamente relative, porterà Kant alla celebre formulazione del principio della morale umanista. «Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo.»54

C’è una parola che indica il benessere umano in terra: felicità. La sua ricerca diventa legittima e sostituisce quella della salvezza. «O felicità! Fine e scopo della nostra esistenza!» esclama Alexander Pope nel suo Saggio sull’uomo.



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