Tutti i volti dell'arte by Flavio Caroli & Lodovico Festa

Tutti i volti dell'arte by Flavio Caroli & Lodovico Festa

autore:Flavio Caroli & Lodovico Festa [Caroli, Flavio & Festa, Lodovico]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2021-06-23T12:00:00+00:00


XIV

Arte e iconoclastia. «Astrazione» ortodossa e «figurazione» ebraica

Nella precedente conversazione si è trattato dell’influenza dell’arte asiatica su quella europea, con particolare attenzione alle suggestioni giapponesi su Van Gogh. In questa, si vuole esaminare, invece, il rapporto fra l’iconoclastia (o meglio, le culture aniconiche) e l’Occidente, partendo dall’influenza fondamentale di Bisanzio, ed esaminando poi, con particolare cura, l’evoluzione, con esiti figurativi clamorosi, di una cultura iconoclastica come quella ebraica.

Fra i pittori di cui si discute vi sono Vasilij Kandinskij (nato a Mosca nel 1866 e morto nel 1944) e Kazimir Malevič (nato a Kiev nel 1878 e morto nel 1935). I due sono i veri fondatori dell’arte astratta, e non è un caso che la loro pittura affondi le proprie radici nella iconoclastia della ortodossia bizantina.

Si tratterà poi di Amedeo Modigliani (1884-1920), di Chaïm Soutine (1894-1943), di Marc Chagall (1887-1985) e infine di Lucian Freud (nato nel 1922). Sono quattro artisti fra i maggiori del Novecento, tutti di origini ebraiche, e sono tutti protagonisti della pittura figurativa.

Come si diceva, la nostra riflessione parte dalle due grandi tradizioni iconoclastiche, o almeno aniconiche: quella bizantina e quella ebraica. Queste due tradizioni sono alla radice delle svolte più importanti nell’arte del Novecento. L’altra grande tradizione iconoclastica, sia pure molto pragmaticamente iconoclastica, quella islamica (come già ricordato, il Corano proibisce solo di raffigurare Dio, non dice nulla sulle altre immagini), ha seguito vie autonome, peraltro non estranee, esse stesse, a forme di figurazione, come ha dimostrato una mostra recente sui giovani artisti islamici al Museum of Modern Art di New York.

Si consideri il trionfo dell’astrattismo nella pittura del ventesimo secolo. Questa tendenza ha il suo primo punto fermo nell’opera del Picasso cubista, che nel 1910 arriva molto vicino a una pittura «astratta», e però, da belva totalmente occidentale, «romanica» e catalana, sembra spaventarsi del Rubicone che sta per attraversare. Di più. Fa un passo indietro. Comincia a introdurre elementi di realtà nei suoi dipinti (scritte, ritagli di giornale, e via dicendo). Poi rompe clamorosamente col proprio passato e, dopo essere diventato negli anni Dieci il re di Parigi (dove «si possono dipingere solo chitarre spagnole e bicchieri sui tavoli di un bar»), se ne va a Roma ad abbeverarsi alla tradizione classica, che lo porta alla svolta appunto «neoclassica», con le sue grandi donne così legate al romanico catalano.

Coloro che accettano invece subito l’idea di un’arte «astratta» sono Kandinskij e Malevič, due russi su cui pesa l’influenza della lunga, sotterranea, ma indistruttibile tendenza iconoclastica della tradizione cristiano-ortodossa. Per più di cento anni, a Bisanzio, nell’VIII e IX secolo dopo Cristo, iconoclasti e iconofili si erano scontrati, lasciando sul campo qualche centinaio di migliaia di morti. Avevano vinto gli iconofili, ma la tendenza iconoclastica aveva continuato a covare sotto le ceneri. Comunque sia, la pittura bizantina, con i suoi rigidi canoni espressivi, con la scelta di concepire la pittura come uno schermo fra chi guarda e i santi «veri» che stanno in Paradiso, e che non vengono rappresentati in modo realistico ma totalmente simbolico, è già una premessa dell’astrattismo.



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