Grazia Deledda - Il Dono Di Natale by AN

Grazia Deledda - Il Dono Di Natale by AN

autore:AN [AN]
La lingua: eng
Format: epub
Tags: Letteratura Italiana
pubblicato: 2014-11-14T09:47:16+00:00


19

Tanto era il fascino provato da Coeddu che egli finì per addormentarsi: anche

nel sonno vedeva la luna cadere sull'orizzonte, rossa come un corno di corallo,

udiva ancora il violino lontano lontano, come la voce di una fata; distingueva

il brucare delle pecore, lo scricchiolìo degli steli d'asfodelo che si

spezzavano sotto i loro denti; e sopratutto sentiva la musica dolce e monotona

delle loro campanelle simile ad un tintinnio di bicchieri di cristallo battuti

da un coltello.

L'indomani i piccoli mendicanti, che la sera prima erano ridiscesi a Nuoro, gli

dissero:

- Tua madre è arrabbiata come un verro; appena torni ti manda in America.

- Ed io me ne sto quassù! - egli rispose.

La serva Samaritana lo mandava a prendere il latte, l'acqua, le legna, intanto

che lei discorreva con uno studente: e per compenso Coeddu riceveva enormi

piatti di maccheroni, di risotto, avanzi di pernici e code e teste di trota,

pere che cominciavano a guastarsi, cetrioli e pomodori conditi con olio, aceto,

pepe e sale. Una sera egli sentì forti dolori di pancia e sognò che un cane gli

mangiava le viscere. Non sapeva perché si sentiva triste: i piccoli mendicanti

provavano gusto a tormentarlo, portandogli terribili ambasciate da parte di sua

madre; e per placare la povera donna egli pensava di mettersi con coraggio alla

ricerca del tesoro. Un giorno prese dunque la scure di zio Mauru e cominciò a

vagare per il bosco, fermandosi di tanto in tanto per frugare fra le roccie alte

e deserte, e battere il ferro sul granito che qualche volta tintinniva come il

cristallo. Arrivò così in un posto solitario ed orrido, dove le roccie avevano

aspetti strani, di cavalli con la testa d'uomo, di rane, di pesci, di serpenti:

il silenzio che le circondava le rendeva più misteriose. Invano egli, per farsi

coraggio, imitava il grido ed anche il muover delle ali della cornacchia:

qualche cornacchia vera rispondeva, ma invece di rianimarsi, egli sentiva

crescere il suo terrore. Tuttavia procedeva, riconoscendo il posto dove, secondo

raccontava ziu Mauru, un vecchio pastore aveva ritrovato un tesoro, cioè un

mucchio di monete d'oro che il fortunato uomo, pazzo di gioia, s'era affrettato

a mettere entro il suo fazzoletto gridando:

- Diavolo, questa volta son ricco! -. Ma immediatamente, entro il fazzoletto le

monete s'erano cambiate in pezzetti di carbone!

Coeddu però, deciso a non fiatare, e sopratutto a non invocare il diavolo, che

nel sentire il suo nome tramuta le monete in carbone, procedeva cauto,

silenzioso, anche perché aveva paura delle biscie, che hanno la coda d'argento e

sferzano e tagliano la faccia a chi le molesta.

Roccie e sempre roccie: fra gli alberi contorti, simili a mostri dalle cento

braccia, si vedeva il mare, ed i monti di Oliena parevano di neve azzurrognola;

ma d'un tratto l'orizzonte si chiuse; il ragazzetto si trovò come in un cortile

circondato da muraglie ciclopiche, e il cielo, in alto, apparve d'un azzurro

intenso, quasi oscuro come al cader della sera. Qua e là fra le roccie si

vedevano larghe e profonde buche, e da una di queste, d'improvviso, uscì un

sibilo come quello di un treno che sbuca da una galleria. Un sudore gelato, un

pallore mortale coprirono il viso di Coeddu: egli si buttò



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