io che amo solo te by luca bianchini

io che amo solo te by luca bianchini

autore:luca bianchini [bianchini, luca]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


25

Anche Damiano si era svegliato di soprassalto.

Aveva sognato capelli dappertutto: sul cuscino, sulla camicia, dentro la pizza. L’incubo di Alessia lo aveva accompagnato fino all’alba, quando era convinto che lo stessero prendendo a sassate in piazza San Benedetto. Non molto diverso il sonno di suo fratello, nella stanza accanto, che prima di addormentarsi aveva ricevuto un messaggio dall’Innominato: “Grazie per i taralli e lo champagne... A presto”. E lui aveva svegliato Daniela a Bari – l’unica che stava dormendo tranquillamente – per analizzare il testo in ogni dettaglio. I puntini di sospensione dopo “champagne” facevano ben sperare, ma il messaggio non chiudeva né con “buonanotte” né con una richiesta d’incontro, che sarebbe stato l’ideale. Daniela deliberò che si trattava comunque di un passo avanti, e i taralli erano stati un’idea vincente per rafforzare la loro alchimia. Non sapeva come le fosse venuto in mente “alchimia”, ma fece grande presa nella testa di Orlando, che mise giù galvanizzato. Mentre scendeva in cucina, mutò rapidamente espressione davanti agli animaletti del corridoio Thun: la madre ne aveva cambiato la disposizione. Non sarebbero mai finiti su “Vogue Maison”.

Trovò lo sposo seduto allo sgabello, che non sapeva mai regolare al punto giusto. Si sforzava di bere un caffè alla cannella che Matilde l’aveva obbligato ad assaggiare.

«Dai, che andrà benissimo... evviva u zeit!»

«Shhh... che si deve ancora sposare...»

Matilde intervenne nervosa. Lei che era sempre sembrata padrona della situazione, si sentì di colpo impreparata. Dubbi sulle calle in chiesa, sul tavolo del sindaco, sulle fattezze del suo tailleur. Sapeva di avere più potere rispetto a Ninella, ma le mancava il carisma.

Cercò di non pensarci. I due figli, per una volta, sembravano far parte della stessa famiglia, e questo le tolse un po’ di tensione. Ridevano stupidamente alzando e abbassando gli sgabelli che avrebbero finito per rompere, ma non ce la fece a intervenire. Don Mimì non c’era. Si era alzato prestissimo e se n’era andato chissà dove. Lui non le diceva mai niente, e lei non chiedeva mai niente. Un rapporto di poche parole.

«Allora, sei pronto, fret mou?»

«Diciamo che uno non è mai pronto, Orlando. A che ora arriva Daniela?»

«Le ho detto verso le nove. Così se ha bisogno di un’aggiustata ai capelli c’è il parrucchiere di mamma.»

«Perché, non è già andata dal parrucchiere?»

Per quanto si fosse sforzata, Matilde non riuscì a starsene zitta.

«Ma lei arriva da Bari, ma’... co’ sto vento... stai tranquilla che ci tiene assai.»

«Già mi piace mia cognata.»

«Dai, piantala. Poi dobbiamo metterci d’accordo per quando prendi le buste, che non facciamo una cosa cafona in sala.»

«Non ti preoccupare. Chiara ha trovato un bel cesto dove metterle, in modo che sia più elegante.»

Matilde non disse più nulla. Li lasciò parlare, mentre inzuppavano le Macine nel latte e le sembravano finalmente i ragazzi che avrebbe voluto avere. Come Ninella, anche lei non era mai stata una madre affettuosa. Mise sul tavolo qualche dolcetto alle mandorle e quello fu tutto ciò che riuscì a dire per farsi perdonare. Poi lesse ad alta voce la “scaletta” della



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