L'Unità by Ninni Holmqvist

L'Unità by Ninni Holmqvist

autore:Ninni Holmqvist [Holmqvist, Ninni]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fazi Editore
pubblicato: 2024-03-07T15:45:45+00:00


14

Di tanto in tanto la notte sognavo Jock. Di solito eravamo in spiaggia o tornavamo da lì, stanchi e affamati, io con le guance rosse e fredde, lui con il respiro che gli usciva dalla bocca sotto forma di condensa, ed entravamo in casa, mettevo la legna nel camino, l’accendevo, versavo del cibo per cani nella ciotola di Jock e mi preparavo da mangiare. Ogni volta, nel sogno, le stagioni erano diverse, ma perlopiù era autunno o inverno. Se eravamo sulla spiaggia, lanciavo un bastoncino e, abbaiando felice, Jock correva a prenderlo, poi lo posava davanti ai miei piedi e, dopo avergli fatto i complimenti, raccoglievo nuovamente il legnetto e lo scagliavo. Era come in un film, un loop, ed ero molto contenta e appagata in quei sogni, era come se tutto quello che era davvero importante trovasse spazio in quella sorta di eterno cortometraggio a proiezione continua, come se tutto il resto fosse invece insignificante, piccolo, senza valore. Mi capitava di svegliarmi con la parola “ciclo” che mi girava per la testa e allora mi stiracchiavo, poi strisciavo verso Johannes, ancora addormentato, e lo accarezzavo o semplicemente mi premevo contro di lui fino a quando, mezzo sveglio e con un leggero grugnito, iniziava a toccarmi a tentoni su tutto il corpo e, prima ancora di essere perfettamente desto, mi allargava le gambe e mi penetrava.

La notte dopo che Elsa mi aveva raccontato cos’era successo a Siv, sognai di nuovo la scena della spiaggia. Però, questa volta, il sogno era insolitamente intenso, insolitamente chiaro e distinto nei colori e nei contrasti, quasi una pellicola in technicolor, e i suoni prodotti dalle onde, dal vento, dai gabbiani, dalle sterne, dagli aironi e da Jock erano perfettamente distinguibili. Potevo persino sentire l’odore del mare e delle alghe.

Come sempre, durante il sogno ero felice, ma quando mi svegliai, ebbi la sensazione che stavo andando in pezzi, che mi stavo crepando interiormente, che mi stavo frantumando piano piano. Il cuore raschiava e gemeva come un motore freddo e difficile da avviare, sentivo un formicolio sotto la pelle che mi impediva di elaborare un solo pensiero nitido, era come se tutti quanti si fossero schiantati proprio quando cominciavano a prendere forma.

Quel giorno non conclusi molto. Dopo che Johannes era tornato a casa per scrivere – contro la sua volontà, perché ovviamente si era accorto che non stavo bene, ma gli avevo detto che dovevo lavorare –, rimasi seduta a lungo, prima a letto con il bloc-notes appoggiato sulle ginocchia, poi davanti al computer, senza riuscire a scrivere neanche una sillaba.

Alle undici del mattino mi arresi, mi lavai, mi vestii e uscii. Vagai inquieta lungo i corridoi e i sentieri del giardino d’inverno, poi percorsi l’intero Cammino Atrium, prima di tornare nuovamente nel giardino, questa volta nella parte dedicata a Monet. Eppure mi sentivo soffocare, mi sentivo intrappolata, quasi come se lì dentro mi stesse venendo un attacco di claustrofobia. Così feci marcia indietro e uscii dal passaggio più vicino, feci un altro mezzo giro lungo il Cammino Atrium fino a quando, arrivata alla galleria, salii le scale per raggiungere la Terrazza.



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