L'uomo che salvò la vita al Duce by Roberto Ciai

L'uomo che salvò la vita al Duce by Roberto Ciai

autore:Roberto Ciai [Ciai, Roberto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Leone Editore
pubblicato: 2017-08-23T06:52:15+00:00


Il mosaico

Il motore era smontato e posato in terra davanti al radiatore nero dell’Alfa. Gli alberi a camme riposavano di lato. Pistoni estratti dalle camere. Le trachee vuote del carburatore doppio corpo Memini erano poggiate sotto le balestre.

Italo studiava il mosaico di pezzi. Esaminò il vecchio motore. Il danno era alle bronzine. O meglio, ai supporti di banco. Il metallo era scavato da unghiate che arrivavano in profondità.

Come dire che la sentenza di morte era stata pronunciata.

Senza pezzi di ricambio, rimettere in moto quell’auto poteva dirsi semplicemente impossibile. Almeno quanto lo era utilizzare pezzi sottratti ad altre vetture. Nessuna di esse era un’Alfa Romeo.

Con grande sforzo collocò l’albero sui supporti e si accorse che c’era gioco.

Niente da fare.

«Porgetemi una latta d’olio.»

Il Corsaro storse la bocca. Quella richiesta non aveva senso. Cosa doveva fare quel meccanico con dell’olio? Stavano tutti perdendo tempo?

«Datemi una maledetta latta d’olio!»

L’arabo si alzò brontolando e gli porse una latta di Essolube che aveva preso da uno scaffale.

«Vuotatela» ordinò l’italiano.

Il Corsaro mormorò qualcosa d’incomprensibile, poi lo tradusse a voce alta.

«Se mi state soltanto facendo perdere tempo, io…»

«Vuotate questa latta in quel recipiente.»

L’arabo obbedì grugnendo e restituì a Italo il recipiente vuoto.

L’italiano lo osservò attentamente rigirandolo tra le mani, poi lo tagliò a tre quarti d’altezza con le cesoie.

Lavorò per ore. Sagomò la latta con cura, misurandola e saggiandone la conformazione. Era di qualità non straordinaria, ma forse poteva andare.

Raschiò accuratamente la vernice delle scritte e insistette a lungo con la carta smeriglio più fine.

Quando gli parve pronta la adattò al supporto danneggiato.

No.

La curvatura non copiava quella del perno.

Cominciò a sudare.

Modellò la latta con pazienza, ogni tanto sovrapponendola al perno. Limò le imperfezioni, poi la verificò di nuovo.

Si spostò sotto la luce della lampadina, che pendeva alla coda di un filo appeso al soffitto. Inclinò il pezzo e controllò se ci fossero sbavature.

Levigò di nuovo.

Lisciò il metallo. Lo lucidò.

Gli cadde sul pavimento.

Perché si era cacciato in quel guaio?

Limò ancora il pezzo di alluminio con cura.

Lo lucidò e lo asciugò con uno straccio, finché parve che ogni imperfezione fosse stata eliminata.

Lo provò.

Grazie a Dio. Andava.

Versò dell’olio e fece girare i pistoni per distribuire il lubrificante.

Con l’aiuto dell’argano ci mise ore a rimontare le parti del motore. Alla fine assicurò il monoblocco dentro il cofano. Dieci minuti dopo si permise di asciugarsi il sudore dal viso.

«C’è del carburante?»

«Tengo il serbatoio pieno.»

«Allora mettete in moto. Ma senza farlo salire troppo di giri.»

Il Corsaro si sedette al posto di guida e azionò l’accensione. Subito il suono rotondo del sei cilindri rimbombò nel garage, rispondendo a ogni pressione sull’acceleratore.

Pareva farcela bene. L’arabo a poco a poco si lasciò andare all’entusiasmo e gli permise di cantare a lungo, mentre l’aria si riempiva di gas.

«Allah akbar! Allah akbar!» gridava con entusiasmo a ogni accelerata.

Italo gli urlò di andarci piano, di ricordare che si trattava di una riparazione provvisoria, ma l’arabo pigiava il pedale in preda alla follia.

Nardin aveva gli occhi che sembravano vetrine di un gioielliere.

Italo si pulì le mani con uno straccio lurido e si sedette.



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