La scimmia in bermuda by Heike Behrend

La scimmia in bermuda by Heike Behrend

autore:Heike Behrend [Behrend, Heike]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2023-07-10T22:00:00+00:00


9.

Per comprendere meglio la figura18 del cannibale a Toro iniziai a occuparmi di cibo e di nutrimento, del mangiare e dell’essere-mangiato. In fondo società, classi sociali e comunità si definiscono essenzialmente in base a ciò che mangiano e bevono, oppure non mangiano e non bevono. Lo scambio di cibo (o il suo rifiuto) stabilisce se ci si unisce, separa, purifica, macchia o uccide. Distribuire così come tenere per sé il nutrimento, aprire e chiudere il corpo così come riempire o svuotare le pance sono tecniche del potere che ovunque nel mondo, in maniere differenti, formano soggetti differenti, re e sudditi, uomini e donne, giovani e vecchi.

L’atto di mangiare presuppone la disponibilità di qualcosa di commestibile che verrà ingerito, digerito ed espulso (almeno in parte). Questo qualcosa è una parte del mondo esterno che, nell’atto dell’ingestione, sposta i confini fra dentro e fuori. Il corpo si dilata per ristabilire un’unità perduta con quanto è stato incorporato oppure per distruggerlo. Queste due pulsioni opposte si ritrovano anche nel cannibalismo, come incorporamento di un altro per amore così da diventare tutt’uno con lui, e come fagocitazione aggressiva per uccidere e annientare. Nella cosmologia di Toro, che ho potuto ricostruire grazie a un’etnografia del missionario John Roscoe,19 risalente al 1923, e ad altre fonti, tanto i mangiatori quanto i mangiati erano parte di un meccanismo sociale di annientamento, ma anche di rigenerazione e riproduzione. Legati tra loro dallo scambio di fluidi – acqua, latte, seme, sangue e birra – e di cibo solido, in una successione di cicli cosmici, esseri umani, oggetti, animali e piante mangiavano e bevevano, ed erano a loro volta mangiati e bevuti, incorporati ed espulsi, per essere nuovamente riciclati. Il mangiare e l’essere-mangiati ponevano o annullavano dei limiti, ma il mangiato (o bevuto) generava anche, nel vero senso del termine, le diverse persone sociali. Tant’è che il re mangiava pietanze particolari, destinate soltanto a lui. Era parte della società e al contempo se ne discostava, nella misura in cui ingeriva da solo il suo pasto; né poteva essere visto. Beveva con regolarità latte prodotto da mucche «sacre», che appartenevano solo a lui. Come mi raccontò il già citato etnologo inglese John Middleton, che aveva lavorato in Uganda negli anni cinquanta ed era amico del re Rukidi, un domestico aveva portato al sovrano il bicchiere di latte prescritto addirittura in un bar di Londra. Latte (e non whiskey), ecco la materia di cui era fatto (o avrebbe dovuto essere fatto) il re, al pari dei membri del ceto pastorale, mentre i contadini erano considerati «verdura» e, in epoca precoloniale, veniva loro negato il latte vaccino.

Il latte o anche altri alimenti erano impiegati in modo consapevole per dare alle trasformazioni sociali una dimensione sostanzialmente corporea. Così una ragazza promessa a un uomo di un altro clan veniva nutrita e impinguata con latte del clan del suo futuro marito già anni prima del matrimonio, affinché diventasse una componente di quel clan a livello fisico, e quindi sostanziale, già prima che venissero celebrate le nozze.



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