Seneca Lucio Anneo - Tieste by Seneca Lucio Anneo

Seneca Lucio Anneo - Tieste by Seneca Lucio Anneo

autore:Seneca Lucio Anneo
La lingua: ita
Format: mobi, epub
pubblicato: 2010-11-21T21:12:48+00:00


ATREO

Così impedisci a tuo fratello di conquistarsi un titolo di gloria.

TIESTE

La tua gloria ora è perfetta. Resta la mia. È mio fermo volere rifiutare il trono.

ATREO

Rinuncerò alla mia parte se rifiuti la tua.

TIESTE

Accetto. Il titolo di re, che mi hai imposto, io lo porterò, ma i miei diritti e le mie armi, e io con loro, saranno al tuo servizio.

ATREO

Cingile, queste bende regali che pongo sul tuo nobile capo. Io sacrificherò agli dèi le vittime che ho loro destinato.

CORO

Chi l’avrebbe creduto? Quel feroce, acerbo, truculento Atreo, che non sapeva vincere il suo cuore, attonito è rimasto alla vista di suo fratello. Forza più grande non esiste di un affetto sincero. Verso i nemici esterni l’odio dura in eterno, l’amore vero che congiunge torner� a congiungere ancora. Sì, eccitata da gravi ragioni l’ira ha rotto la pace e proclamato la guerra, sì, le truppe a cavallo fan rumore di briglie, lampeggia la spada qui e l� in pugno a Marte furioso, di fresco sangue assetato, che l’affonda in rapidi colpi; ma ecco, ecco che Piet� fa cadere le armi, ecco che spinge alla pace, congiunte loro le mani, i più ribelli alla tregua. Quale dio ha fatto, di un cozzo tanto violento, questa súbita pace? Armi di guerra fratricida, solo un attimo fa, risuonavano in tutta Micene. Pallida la madre stringeva il figlio al seno, trepidava la sposa per il marito in armi, mentre la spada, dalla dolce pace arrugginita, seguiva la mano riluttando. Chi restaurava mura vacillanti, chi torri corrose dal tempo; si sforzava altri di fissare la porta con sbarre di ferro. Tra i merli, pallida nella notte ansiosa, vegliava la sentinella. Oh quanto è peggio della guerra la paura della guerra! Ma ora siete cadute, minacce del ferro crudele, gi� ti sei taciuto, cupo clangore delle trombe, stridore acuto dei segnali. Solenne la pace è ridiscesa sulla citt� che ritorna serena.

Dal profondo quando si gonfiano i flutti, poi che il maestrale sferza il mare dei Bruzi, rimbomba Scilla nei suoi antri percossi. I marinai, pur al riparo nel porto, temono il mare che Cariddi inghiotte e rivomita, insaziabile. Lo stesso Ciclope che vive, selvaggio, sulle rocce brucianti dell’Etna, di suo padre ha terrore, che non voglia, Nettuno, sommergere e spegnere con l’acqua il fuoco rombante nelle eterne fucine. Si chiede il misero Laerte, mentre Itaca trema, se verr� sommerso il suo regno. Se cade la furia del vento, ecco che il mare si stende più calmo di un lago. Quel profondo che la nave temeva di solcare, s’apre alla corsa gioiosa delle barche, punteggiato di vele spiegate. Guarda, li puoi contare, l�, i pesci che guizzano sul fondo, e solo un attimo prima le Cicladi tremavano sotto il mare in tempesta.

Non vi è stato durevole, si alternano

il dolore e il piacere;

il piacere è più breve.

Incostante l’attimo rivolge

la miseria in grandezza,

la grandezza in miseria. Tu che porti

la corona sul capo, se ai tuoi piedi

tremano i popoli in ginocchio,

se al tuo cenno depongono le armi

i Medi, gli Indi più vicini



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