Un erede sconveniente (Sins of the Cities Vol. 3) (Italian Edition) by K. J. Charles

Un erede sconveniente (Sins of the Cities Vol. 3) (Italian Edition) by K. J. Charles

autore:K. J. Charles [Charles, K. J.]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788893128377
editore: Triskell Edizioni
pubblicato: 2020-10-04T22:00:00+00:00


8

Il giorno di Santo Stefano, Clem e Tim partirono in treno con loro dalla stazione di Paddington. Nessuno dei due sembrava felice di tornare alla casa della loro infanzia; entrambi rimasero perlopiù in silenzio, seduti nella carrozza di prima classe. Pen ne fu grato. Clem era affascinante, nel suo strano modo. Tim sembrava normale fino all’eccesso. Ed entrambi erano chiaramente gentili e preoccupati. Pen, comunque, si ostinava a non voler parlare con loro.

Aveva la nausea e non a causa del convoglio ondeggiante e rumoroso. Stava male fin da quando Mark lo aveva gettato in quel porcile, sapendo quanto poco lui lo desiderasse; più le ore passavano, più la nausea peggiorava e sentiva il rigido colletto della camicia stringerglisi attorno al collo come un cappio.

Se lui era il Conte di Moreton, avrebbe dovuto vivere così per sempre. Una volta lasciata la casa, sarebbe stato sotto i riflettori. La sua vita, il suo lavoro, il suo ruolo e il suo scopo, perfino il suo nome sarebbero appartenuti a un’esistenza ininterrottamente maschile. Nobiluomo. Conte. Lord. Guardò le proprie mani – troppo grandi e pelose, dalle nocche bianche – appoggiate sulle ginocchia e chiuse gli occhi.

«Pen?» lo chiamò Greta piano.

Lui annuì e fissò fuori dal finestrino, ignorando il proprio riflesso.

Volevano che si tagliasse i capelli. Desmond glielo aveva ordinato, Phineas aveva insistito, Tim glielo aveva suggerito con imbarazzo, l’avvocato Hapgood glielo aveva consigliato. Avrebbe fatto meglio ad avere un aspetto decoroso. Con quei capelli avrebbe dato nell’occhio, si sarebbe messo in ridicolo perfino. Naturalmente avrebbe dovuto farlo una volta che la sua pretesa fosse stata confermata, prima di qualunque annuncio o apparizione in pubblico; tanto valeva che dimostrasse la sua buona fede fin da subito.

Pen si era rifiutato di tagliarli perfino all’altezza delle spalle, come un artista decadente, ma sapeva, e la sensazione gli dava la nausea, che a un certo punto avrebbe dovuto arrendersi. Forse gli altri – altri conti – potevano sfidare le convenzioni e portare i capelli lunghi fino alla vita. Quelli che avevano frequentato Eton, che conoscevano persone importanti ed erano cresciuti in edifici imponenti, forse potevano lasciarsi crescere i capelli, truccarsi il viso o perfino indossare una sottogonna; forse il resto del mondo li considerava burloni stravaganti e si adoperava in loro favore. Pen era cresciuto nella convinzione di non poter fare quello che gli pareva e aveva paura delle conseguenze.

Che se ne andassero tutti all’Inferno. Che Dio dannasse il Conte, che li aveva generati, le menzogne che aveva raccontato alla loro madre, l’idiota che aveva sentito la necessità di svelare la bigamia di quel vecchio porco e anche Mark, che lo aveva coinvolto in tutta quella storia.

Sin da quando Mark li aveva fatti entrare in quel salotto, Pen aveva l’impressione di vivere uno spietato incubo. Uomini eloquenti e rumorosi, che prendevano decisioni e davano ordini. Avevano stabilito che i gemelli sarebbero andati a Crowmarsh sotto il nome Starling, e ora eccoli lì. Tutto sarebbe accaduto come accadeva sempre, contro il volere di Pen. Ammesso che fosse diventato conte,



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