Vetro by Giuseppe Furno

Vetro by Giuseppe Furno

autore:Giuseppe Furno [Furno, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Romanzo, Historical, Fiction
ISBN: 9788830433205
Google: M_MRUaGxW4MC
Amazon: 8830433209
editore: Longanesi
pubblicato: 2012-12-31T23:00:00+00:00


7

Il proto e architetto Antonio da Ponte aveva voluto Andrea Loredan accanto a sé, come avvocato dei tre prigionieri fuggiti e, dopo un’attenta verifica ai Giardini, era giunto ai Pozzi sgomberati dai carcerati.

L’architetto aveva ordinato di portare alcune secchie colme d’acqua e, per ritorsione, Visdecazzòn e l’Assassino avevano obbligato tutti e cinque i letterati a caricarsi due secchie ciascuno, compreso Alfonso de Ulloa, ammalato e debole.

Cominciando dal primo camerotto verso il rio di Palazzo vennero accese diverse lanterne a olio e alcune torce, tanto che lì dentro pareva risplendesse il zorno. Da Ponte ordinò di rimuovere i pavimenti di legno e vuotare acqua sulle pietre. Tutti s’erano messi a osservare e là dov’era vuoto, era tutto un gorgogliare e prosciugarsi.

Erano entrati allora in azione gli operai, piantando lame tra le pietre e verificando cosa ci fosse sotto. E già in quelle cinque celle avevano trovato un paio di «rotte» abbozzate e abbandonate, un gruzzolo di denari ossidati e tre coltelli mangiati dalla ruggine.

Arrivarono all’ottavo camerotto, l’Arca. Non c’era spazio per tutti, in quel buco che era un sottoscala: entrarono Andrea, l’architetto e un muratore. Fu tirata la prima secchiata e il pavimento prese a ribollire come acqua sul fuoco. Il muratore inserì il piccone e la pietra venne su con facilità. Tolse la seconda: il cunicolo era lì sotto, abitato da scarafaggi e ratti. Se n’erano dimenticati di quel canale di scolo lungo cinquantaquattro piedi e largo due. E c’era odore di marcio e d’escrementi in quel cunicolo mezzo allagato, in fondo al quale si scorgeva la luminosità abbagliante del giorno. Un lavoro perfetto. Una fuga rischiosa.

Quando uscirono all’esterno, sul rio, la grata era quasi sommersa, piegata e mangiata dalla ruggine. Non v’era dubbio alcuno: i prigionieri erano passati di lì e a quell’ora dovevano essere parecchio lontani.



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