Almuric il pianeta sevaggio by Robert E. Howard

Almuric il pianeta sevaggio by Robert E. Howard

autore:Robert E. Howard [Howard, Robert E.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Editrice Nord
pubblicato: 2013-02-03T16:00:00+00:00


Per una ragione che mi rifiutavo di vedere chiaramente, a quelle parole provai un moto di vergogna. Mi rendevo ben conto che forse al suo posto una terrestre avrebbe reagito ancora peggio, ma continuavo a non vedere il motivo per cui una nativa di Almuric trovasse intollerabili le condizioni di un'esistenza che le sue antenate avevano sopportato per migliaia di generazioni.

Non mi risultava che le altre kothane agognassero a qualcosa che non conoscevano e non potevano assolutamente conoscere: erano conformate al loro ambiente, ai loro uomini, e non avevano termini di paragone per potersi ritenere infelici. Era un po' come se un'americana del ventesimo secolo fosse scontenta d'avere l'automobile e la lavastoviglie, e andasse dicendo che intuiva l'esistenza di qualcosa di meglio per spostarsi e per lavare i piatti. Ma cosa? Neppure lei avrebbe saputo rispondere a questa domanda, e sarebbe stata condannata a un'infelicità priva di soluzioni.

In quanto alle maniere rozze dei Kothani, le trovavo sempre più sopportabili di quelle di certi garbatissimi e sofisticati terrestri inzuppati d'ipocrisia e orgogliosi della loro cosiddetta «angoscia esistenziale».

Stavo per replicare con quelle riflessioni, quando mi accorsi che Alitha aveva detto una cruda verità: ero uno stupido selvaggio, violento e senza ideali. Un barbaro che si pasceva della sua insulsa barbarie. Negarlo sarebbe stato assurdo.

«Andiamo, ora. Vi riporterò a Koth», dissi, a disagio.

«Sì. Forse anche voi vi divertirete a vedere come un padre frusta una figlia indocile, Esaù Manodipietra», mormorò Alitha.

«Non lo farà», promisi bruscamente. «Se oserà mettervi una mano addosso, gliela spezzerò. Questo ve lo giura un selvaggio privo di ideali e buono solo a ubriacarsi.»

La giovane donna sbatté le palpebre, scossa dal mio tono, e mi fissò stranamente. Quasi senza accorgermene le avevo passato un braccio attorno alla vita, e sotto la tunica gliela sentii così snella che avrei potuto cingerla con una mano. I nostri volti si avvicinarono, e mentre la guardavo negli occhi lei parve trattenere il respiro. La sentii tremare leggermente, e le sue labbra si socchiusero, ma un attimo prima che la mia bocca le sfiorasse vidi il sangue defluirle di colpo dal viso. Un pallore mortale le invase le guance, e lei emise un lacerante grido di terrore. Il suo sguardo era fisso su qualcosa che si trovava alle mie spalle. Prima ancora che avessi capito cosa stava succedendo, l'aria si riempì del battito violento di molte ali.

Mi voltai di scatto e vidi una decina di forme volanti abbassarsi in picchiata su di noi come falchi sulla preda. Erano figure umanoidi, con enormi ali da pterodattilo di colore verde scuro, e anche senza averli mai incontrati prima, sapevo che si trattava di Yagas, gli uomini alati di Almuric, le creature che avevo creduto un mito e che invece si rivelavano quanto mai solide e aggressive.

Erano ormai così vicini che non ebbi neppure il tempo di guardarli bene. Mi parvero più alti di un normale essere umano, possentemente costruiti, e dotati d'una muscolatura dorsale simile a una gobba dalla quale emergevano ali larghe non meno di dieci metri.



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