I figli di Erode by Greg Bear

I figli di Erode by Greg Bear

autore:Greg Bear [Greg Bear]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


10

ARIZONA

Stella si svegliò ascoltando un concerto di canti sdoppiati tra caserme. La campanella della sveglia non era ancora suonata. Si rotolò sulle crespe lenzuola bianche nella cuccetta e rimase a fissare le tegole del soffitto. Ormai conosceva bene la routine: una dozzina scarsa di ragazzi e ragazze si erano affacciati alle finestre dei loro dormitori per cantarsi canzoni a vicenda attraverso la grata di metallo. Il sopra era sonoro, quasi privo di melodia; il sotto tenue e non molto percettibile dal punto in cui era sdraiata Stella. Non aveva dubbi, comunque, che comunicasse parecchi pettegolezzi mattutini.

Chiuse gli occhi per un momento e ascoltò. I cantanti nei casermoni tendevano a scivolare in melensi lamenti, lanciando suoni attraverso entrambi i lati delle loro lingue solcate, facendo circolare l’aria nel naso e nella bocca contemporaneamente. I due flussi di voce iniziarono a contrappuntarsi, intessendosi tra loro in un intreccio studiato per impedire di origliare ai consulenti, che non si erano ancora fatti un’idea di come interpretare i loro sottotesti.

Stella senti un fragore. Chiuse gli occhi e digrignò i denti. Riusciva a vederli cosi chiaramente: i consulenti stavano passando in rassegna i dormitori, battendo su coperchi di metallo e gridando ai bambini di smetterla. Lentamente, i canti si frammentarono come folate di aria profumata. Stella immaginò le teste ritrarsi dalle finestre, i bambini correre nelle loro cuccette, infilandosi sotto le coperte.

Il giorno dopo sarebbe stato il turno di altre caserme. C’era una specie di lotteria; cercavano di indovinare quanto avrebbero impiegato i consulenti ad arrivare dalle proprie stanze ai dormitori incriminati, e a capire quali erano quelli che li stavano dileggiando. La sua caserma prima o poi avrebbe subito lo stesso trattamento a base di coperchi di metallo. Stella aveva una voce superiore chiara e alta, ma doveva ancora lavorare molto su quella inferiore. Non era abile come le altre.

Il mattino tornò silenzioso. Stella affondò nelle coperte, aspettando la campanella. Ai piedi di ogni cuccetta era stata depositata una nuova uniforme. Le cuccette erano sistemate a pile di tre, e i bambini iniziavano ogni giornata con una doccia e un cambio di vestiti, per evitare che gli odori che emanavano si accumulassero sul corpo o sugli indumenti.

Stella era certa che il proprio odore naturale non fosse affatto sgradevole per gli umani. Quello che preoccupava i consulenti del campo e i capitani era il potere di persuasione.

Le ragazze nelle cuccette sotto la sua, Celia e Mandy, si stavano agitando. Stella preferiva essere tra le prime a lavarsi. Mentre correva verso il cancello delle docce, il suono della sveglia, all’estremità sud del corridoio, si spense. La sottile camicia bianca le svolazzava a metà coscia.

Ogni giorno venivano forniti asciugamani puliti e spazzolini. Stella prese uno spazzolino da denti ma preferì non usare il dentifricio. Aveva un odore penetrante che sospettava fosse studiato per confonderli. Si avvicinò alla lunga vasca sormontata da uno specchio splendente e si sfregò lo spazzolino umido sui denti, poi si massaggiò le gengive con le dita, come le aveva mostrato Mitch almeno dieci anni prima.



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