Lo strano caso del signor Cetus by Gloria Scaioli

Lo strano caso del signor Cetus by Gloria Scaioli

autore:Gloria Scaioli [Scaioli, Gloria]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Nero Press Edizioni
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Giunti a destinazione, il treno fermò bruscamente. Anche perché lì finivano i binari. Meroveo tentò di dire che loro dovevano arrivare fino alla città di Zizziacu, ma era evidente a quel punto che non avrebbero potuto arrivarci seduti nel vagone, per quanto vigorose fossero le lamentele. Il macchinista verde pretese che gli fosse pagato un extra senza nemmeno prendersi la briga di spiegare il perché. Altrimenti, disse, si sarebbe tenuto i bagagli.

Meroveo fermò D’Annunzio, che si stava preparando a insegnare le buone maniere al macchinista, perché preferiva non avere grane.

Dopo aver ricevuto la mancia, l’uomo in verde fece inversione di marcia e la locomotiva prese a sbuffare nel senso opposto lasciando il gruppo vicino a una catapecchia in legno consunto che in teoria doveva essere una stazione ferroviaria e in pratica era un’accozzaglia di muri tenuti insieme dalla buona sorte.

Un vento gagliardo soffiava sollevando la sabbia e creando giochi sonori in mezzo alle fessure del legno. Era tardo pomeriggio, ma il sole era coperto da nuvole pigre.

Il gruppo era rimasto a guardare la sagoma del treno che si allontanava, incerto sul da farsi.

Il ragazzo reggeva le apparecchiature, mentre Madame Chahut si guardava intorno con l’aria lievemente infastidita di chi non trova un caffè in un boulevard affollato. Si era svegliata di cattivo umore.

D’Annunzio studiava la situazione con l’occhio bionico, stava compiendo calcoli silenziosi. Senza condividere idee, né aspettare indicazioni si avvicinò alla catapecchia. Agilmente ne scalò le pareti aiutandosi con sporgenze e ferite del legno. In breve fu sul tetto. Lì innescò con gesto esperto gli ingranaggi e distese le grandi ali dalla struttura d’ottone, con le componenti metalliche puntute protese nell’aria. Le ali dorate e la divisa nera formavano un perfetto connubio, tanto che la sua figura sembrava quasi dipinta sul cielo grigio di nubi. Respirava piano, concentrato. Prese una breve rincorsa e si gettò nel vuoto. Era una questione meccanica, ma il movimento che i muscoli imprimevano alle parti di metallo era così armonico che pareva una danza più che un’operazione tecnica.

Madame Chahut lo osservò mentre prendeva quota.

«Mi ricordo di lui, in un certo senso è come se lo conoscessi da più tempo di questi pochi giorni. I giornali ne hanno parlato e anche nei salotti parigini è stato oggetto di discussione. È l’unico».

Il barone la guardò interrogativo e lei insistette: «Dico… con l’impianto delle ali. L’unico che è sopravvissuto. Ricordo un uomo, al circo, che ha tentato lo stesso azzardo. Un prodigio volante poteva fare molto comodo per lo spettacolo. Non andò bene, ci fu rigetto».

«Rigetto?»

«Sì, insomma, non fu un bello spettacolo. E non fu solo un problema di rigetto fisico, fu anche una questione mentale. Gli innesti vanno accettati, gestiti, devono diventare parte della struttura biologica. Per essere un iperantropo non basta un corpo forte, ci vuole anche la tempra» ravviò i ricci castani, ripensando a scene remote, poi guardò l’uomo alato. «Gran tempra, davvero gran tempra».

Meroveo non commentò. Se Madame Chahut voleva ammirare l’iperantropo facesse pure. Intanto il capo della spedizione era lui e lui ne avrebbe tratto benefici.



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