Avventure di tre russi e tre inglesi nell'Africa australe by Jules Verne

Avventure di tre russi e tre inglesi nell'Africa australe by Jules Verne

autore:Jules Verne [Verne, Jules]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Narrativa Giovanile, Classici
ISBN: 9788842590002
Google: nkCsNwAACAAJ
Amazon: 8842590002
editore: Mursia
pubblicato: 2008-01-14T23:00:00+00:00


CAPITOLO XIV

UNA DICHIARAZIONE DI GUERRA

I LAVORI furono ripresi nello stesso giorno, poiché non vi era più

pretesto di discussione. Il colonnello Everest e Mathieu Strux non perdonarono l'uno all'altro, ma ripresero insieme il corso delle operazioni geodetiche.

Alla sinistra del largo passo aperto dall'incendio sorgeva un monticello posto a circa cinque miglia, ben visibile. La sua cima poteva essere presa come punto di riferimento e servire da vertice al nuovo triangolo. Fu dunque misurato l'angolo che formava con l'ultima stazione, e il giorno dopo tutta la carovana si mise in cammino attraverso la foresta incendiata.

Era una via coperta di strati di carboni. Il suolo era ancora ardente; alcuni ceppi fumavano qua e là, e spirava una calda vampa, impregnata di vapori. Si incontravano animali carbonizzati, colti nella loro tana; il fuoco non aveva permesso loro di darsi alla fuga. Nere spire di fumo che turbinavano ancora in alcuni luoghi indicavano l'esistenza di piccoli focolai, tanto che si poteva credere che l'incendio non fosse ancora del tutto spento, e che a causa del vento avrebbe potuto riaccendersi con nuova forza e divorare la foresta intera.

La commissione scientifica perciò affrettò il passo. La carovana, avvolta in un cerchio di fuoco, sarebbe stata perduta, per cui aveva fretta di attraversare quel teatro dell'incendio, i cui ultimi lembi laterali ardevano ancora. Mokoum spronò i conducenti del carro, e verso mezzogiorno furono poste le tende ai piedi del monticello di già rilevato con il cerchio ripetitore.

Sembrava che i picchi rocciosi che formavano la cima di quel colle fossero stati disposti dalla mano dell'uomo. Formavano una specie di

“dolmen” un cumulo di pietre druidiche, che un archeologo sarebbe stato meravigliato di incontrare in quel luogo. Un enorme cono calcareo stava in cima a quel monumento primitivo che doveva essere un altare africano.

I due giovani astronomi e sir John Murray vollero visitare quella singolare costruzione. Si inerpicarono per una delle falde del monticello sino al piano superiore. Il boscimano li accompagnava. I visitatori erano arrivati ormai a venti metri dal “dolmen”, quando un uomo, sino allora nascosto dietro una delle pietre della base, apparve per un attimo; poi scendendo il monticello e rotolando, per così dire, sparì rapidamente sotto un fitto bosco che le fiamme avevano risparmiato.

Il boscimano vide quell'uomo un solo istante, ma gli bastò per riconoscerlo.

— Un makololo! — esclamò, e si precipitò sulle tracce del fuggitivo. Sir John Murray, obbedendo ai suoi istinti, seguì il cacciatore suo amico; ma entrambi percorsero il bosco senza più

vedere l'indigeno. Costui si era nascosto dentro la foresta, di cui conosceva i più piccoli sentieri, in modo che nessuno avrebbe potuto raggiungerlo.

Non appena il colonnello Everest fu avvertito dell'incidente, chiamò il boscimano e l'interrogò in proposito. Chi era quell'indigeno? Che faceva in quel luogo? E perché Mokoum aveva inseguito il fuggitivo?

— È un makololo, colonnello, — rispose costui, — un indigeno delle tribù del nord che infestano gli affluenti dello Zambesi. È un nemico non solo di noi boscimani, ma un predatore temuto da qualunque viaggiatore che si avventuri nel centro dell'Africa australe.



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