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autore:Unknown
Format: epub
pubblicato: 2019-11-13T00:00:00+00:00


6. Morire per chi?

I primi giorni di Renzo Morera a Berlino trascorrono nella visita della città con in mano una dettagliata pianta, gli occhi che cercano di far combaciare ciò che appare sulla cartina con ciò che rimane di viali, strade, piazze. Deve imparare in fretta a orientarsi tra i quartieri semidistrutti per poter assolvere ai compiti che gli saranno assegnati: portare plichi da un comando all’altro. La Blenderstrasse, sede degli uffici del Comando supremo dell’esercito, è la meta finale. Renzo entra spesso nello studio del colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, uno dei pochi a mostrare simpatia per gli italiani. L’addestramento in Germania delle quattro divisioni, cui si sono aggiunti anche gli effettivi della Littorio e dell’Italia, è al centro di un fitto scambio epistolare con l’OKW. Ma nel giornaliero girovagare di Renzo c’è ben altro: «Incontravo spesso gruppi d’internati militari italiani che mi guardavano con sorpresa, incerti. Alla loro vista ero sempre preso da una terribile, amara tristezza. Parlare con loro non era facile, stante la presenza delle guardie. Le poche volte in cui riusciva un contatto, ci si limitava a poche parole. Adesso che li vedevo lavorare, nelle loro stinte e lacere uniformi, con stellette regie sul bavero e pala in mano, smagriti, le barbe non rasate, adesso capivo perché mio padre ci ripetesse, sempre, con martellante insistenza, che la loro tutela e assistenza dovevano costituire in assoluto il prius della RSI. Adesso capivo la capillare opera d’informazione e di persuasione di mio padre nei confronti degli alti gradi tedeschi: gli IMI non erano traditori da sfruttare o da punire, bensì sfortunati, valorosi ex combattenti. Traditi, insomma, non traditori. Incominciavo lentamente a comprendere a che cosa servissero realmente ambasciata, SAI, missione militare. A tentare di tutelare, anche se il compito era, forse, troppo arduo per le loro limitate forze, la vita e la salute di questi nostri coraggiosi, sfortunati commilitoni».

Qualche volta Renzo riesce a parlare con alcuni degli internati. Percepisce un gelido odio nei confronti degli aguzzini. La loro unica speranza, annota ancora Renzo, era riposta in Mussolini: che li liberasse o quanto meno ne migliorasse la detenzione. «Ve n’erano, però, alcuni che non mi rivolgevano una parola e che guardavano con astio la mia uniforme. Sulle logore, stinte, impolverate uniformi loro portavano le stellette. Sulla mia divisa, non logora, non stinta, egualmente impolverata, spiccavano, invece, i gladi repubblicani». A volte gli tocca accompagnare fra’ Ginepro, al secolo Antonio Conio, un padre cappuccino che non faceva differenza tra l’amore per Dio e quello per Mussolini, e don Guerrino Cavazzoli, tenente cappellano. La sua morte così sarà ricordata da fra’ Ginepro in Martirologio italico della Repubblica sociale: «A Berlino, tra le macerie dei bombardamenti, cade e scompare il cappellano della missione militare italiana, don Guerrino Cavazzoli della diocesi di Guastalla. Era sacerdote di mirabile zelo, d’inesauribile sacrificio, sempre pronto a soccorrere, intrepido nel pericolo. Le macerie erano il suo campo di apostolato e furono il suo mausoleo. Nel prodigare quest’opera di soccorso, lo accompagnava il volontario sedicenne Renzo Morera, figlio del generale, a cui molti ex prigionieri devono la vita».



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