La maledizione di Persefone: #Anathema by Thalia Mars

La maledizione di Persefone: #Anathema by Thalia Mars

autore:Thalia Mars
La lingua: ita
Format: azw3
Tags: Romance, Fantasy, Sagas, General, Fiction
ISBN: 9788893156110
editore: Thalia Mars
pubblicato: 2015-09-30T09:17:43+00:00


Capitolo 8

Hektor arrivò al Drinkup in ritardo di mezz’ora per l’appuntamento con gli altri. Il buttafuori non gli riservò più di un’occhiata intimidita, mentre si faceva da parte per lasciarlo passare.

Hektor indossava un paio di jeans neri con delle sneakers di pelle chiara e una maglia di leggera lana grigia, aderente al petto ampio, ma più larga sulla vita, quel tanto che bastava per nascondere le armi.

Non appena oltrepassò la soglia del locale, nonostante la quantità di umani attorno al bancone, le bariste sollevarono la testa per guardarlo e gli rivolsero sorrisi e cenni di saluto.

Hektor ricambiò i sorrisi e mandò un bacio con la mano alle sue preferite.

Attraversò la folla di persone che ballava dirigendosi verso i tavolini e individuò subito i suoi uomini.

Se non avessero fatto parte dello stesso esercito, probabilmente non sarebbero mai finiti allo stesso tavolo.

Kendeas, con i capelli neri rasati a formare il disegno di uno squalo maori e la pelle del colore scuro dell’ebano, era il più elegante: indossava dei blue jeans con una camicia scura ed una giacca blu notte, che rendeva le sue spalle molto più imponenti. Ai piedi aveva del Clarks azzurrine; non molto adatte per combattere, ma non c’era niente che convincesse quel testone a infilare gli anfibi nei suoi giorni di riposo.

Accanto a lui, c’era il suo esatto opposto.

Nikandros aveva legato i lunghi capelli castani in uno chignon e la folta barba serviva a rendere il suo viso più aggressivo. Come se i pantaloni di pelle, gli anfibi borchiati, la maglia scura e il trench di pelle nera non fossero stati già sufficienti ad intimorire qualunque essere umano. Teneva una Corona per il collo della bottiglia, mostrando le mani ricoperte di tatuaggi.

Sul divano di fronte al loro, c’erano i gemelli.

Neesha stava chiacchierando con i compagni. Era vestito come il fratello scapestrato: t-shirt aderente e jeans, pratici per spogliarsi in fretta e rivestirsi altrettanto velocemente. Come sicuramente era nelle intenzioni di Neil, che era appoggiato allo schienale del divano, dando le spalle agli altri, e chiacchierava con una moretta dall’abito striminzito.

Noah, invece, era seduto in silenzio.

Lui era pronto per la battaglia: la giacca di pelle nascondeva sapientemente il rigonfiamento delle armi sui suoi fianchi, sotto la maglia scura. L’unica concessione che si permetteva quando era in libera uscita, era di lasciare a casa le cinghie con i coltelli che di solito metteva intorno alla coscia, ma per il resto Hektor era certo che avesse tutto l’occorrente per affrontare una guerra. Beveva una lattina di Redbull e gli occhi verdi saettavano per il locale, in cerca di eventuali minacce.

I gemelli erano perfettamente identici: stessi boccoli rossi, stessi lineamenti marcati, la stessa rude bellezza del Dio dell’Amore e anche lo stesso deficit dell’attenzione che affliggeva il padre. Non riuscivano a restare concentrati per troppo tempo sullo stesso lavoro, su uno stesso gioco o, per quanto contasse, sulla stessa donna. Fatta eccezione per Noia, ovviamente. Lui non si distraeva mai.

E, infatti, il gemello fu il primo a vederlo mentre si avvicinava. Sollevò la lattina verso di lui.



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