Marie-Aude Murial by Mio fratello Simple

Marie-Aude Murial by Mio fratello Simple

autore:Mio fratello Simple [Simple, Mio fratello]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2009-02-28T23:00:00+00:00


Capitolo 8

Dove il signor Migliotiglio offre le rose a Zahra

Zahra non sapeva come dire a Kléber che era innamorata di lui. Al compleanno di Corentin non aveva cercato di far altro che calmare i propri ardori.

“Abbi rispetto per te stessa e gli altri ti rispetteranno” amava ripetere papà Larbi. Al momento, Zahra si stava chiedendo cosa fare perché Kléber la rispettasse un po’ meno. Ma chi poteva aiutarla? Zahra era la maggiore di sette figlie, la più bella, la perla di mamma Yasmine. Ma la preferita era Amira, l’ultima, che era nata sordomuta. «Tutte queste ragazze…» bofonchiava papà Larbi.

Le adorava. Ma da qualche giorno era preoccupato per Zahra.

La vedeva ridere meno. Papà Larbi era convinto che per spiegare la tristezza di una ragazza, bisognasse cercare il ragazzo.

«Vi ricordate, vero, che Zahra compie diciassette anni il mese prossimo?» disse a tavola.

«Ma certo!» risposero in coro Djemilah, Leila, Naima, Nouria e Malika.

Amira non disse nulla ma fece un bel sorriso. Leggeva le labbra del padre.

«Bene, ascoltatemi. “Il godimento di questa vita terrena è ben poca cosa”».

«No, non ricominciare» protestò Djemilah che aveva quattordici anni e una buona dose di insolenza.

«Ma è scritto nel Corano» disse papà Larbi, destabilizzato. «Se un giorno vorrai conoscere “i giardini nei quali scorrono i ruscelli”…»

«Il paradiso di Allah è figo per gli uomini» lo interruppe di nuovo Djemilah. Tutte le ragazze scoppiarono a ridere eccetto Amira, che non aveva capito.

«Ma perché non sei nata tu muta?» si lamentò papà Larbi. «Ai miei tempi, quando mio padre parlava nessuno lo interrompeva. Diceva: “Ascoltare significa obbedire”».

«In tal caso sarei ben contenta di essere sorda» disse Djemilah.

Zahra, che era cresciuta nell’obbedienza, rivolse uno sguardo impaurito alla sorella minore. Papà Larbi, ridotto all’impotenza, si girò verso la moglie: «Ma è nel Corano…».

Mamma Yasmine alzò gli occhi e le braccia al cielo, un gesto che non aveva alcun significato preciso ma le permetteva di evitare la discussione.

Quella sera, Zahra si ritrovò nella sua stanza senza essere riuscita a parlare con nessuno. Cercava di ripassare la lezione di chimica, ma non riusciva a scacciare dalla mente una sequenza di immagini. Beatrice che faceva la provocante con Kléber, Beatrice che si raccoglieva i capelli, Beatrice che si Allontanava con Kléber. «Qualcosa non va?» Zahra guardò Djemilah socchiudendo i lunghi occhi grigi. «No, no, tutto bene».

La sorella le si sedette accanto impaziente e le diede una piccola spinta. «Dai, dillo. Come si chiama?» «Kléber». «Strano nome. È bello, almeno?» «Troppo bello».

«Ma ti sei guardata? Tu sei fantastica». Zahra sorrise tristemente. «Gli piaci?» «All’inizio pensavo di sì. Ma adesso va con un’altra». «È bella?»

Djemilah aveva una visione piuttosto semplice dei rapporti umani.

«È rossa, con un sacco di peli sotto le braccia. E puzza di maiale». Immaginazione allo stato puro, ma aiutava.

«Lo devi circuire» sussurrò Djemilah. «Non è mica peccato circuire i ragazzi». Zahra rabbrividì. «Vieni a guardarti». Djemilah portò la sorella davanti allo specchio.

Le aprì la camicetta, le tirò su la gonna, le mise un po’ di kajal per illuminare lo sguardo, le mostrò come assumere un’aria languida, con le labbra semiaperte e gli occhi socchiusi.



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