Nostra signora delle scaglie by Francesco Corigliano

Nostra signora delle scaglie by Francesco Corigliano

autore:Francesco Corigliano [Corigliano, Francesco]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788825414578
editore: Delos Digital
pubblicato: 2021-01-25T23:00:00+00:00


IV

– Bene, superiora – fa Gregorio. È un po’ pallido, ma sorride con aria di sufficienza. – Sono certo che c’è un motivo per il quale mi ha raccontato tutta questa interminabile storia. Un motivo, intendo, che non offenda l’intelligenza e la fede di nessuno dei due.

La donna piega la testa di lato. Lo guarda di sbieco, la fronte accigliata.

– Deve distruggere gli oggetti che sono stati trovati in quelle stanze corrotte.

– Superiora…

Un gesto. Imperioso, scattante. Lo zittisce, poi si alza, lenta, dallo scranno. – Va bene, don Gregorio. Non sarò una brava oratrice, questo posso ammetterlo, ma lei è certamente un uomo che non si lascia convincere solo dalle parole. Abbia la compiacenza di seguirmi a vedere ciò che avrei avuto la decenza di risparmiarle.

Escono dalla stanza, percorrendo i corridoi. Rare e sparute coppie di suore li osservano, fermandosi in silenzio al loro passaggio. Qualcuna li saluta, con gesti di riverente timore, come se li immaginassero impegnati in una tremenda missione.

Quando raggiungono una porticina nascosta in un angolo del chiostro, però, gli anditi sono deserti. La superiora fa scattare una serratura di ferro con una piccola chiave arrugginita, accende un interruttore elettrico di bachelite e fa cenno a Gregorio di scendere.

– Le mie consorelle non infransero l’ordine del cardinale. Non entrarono mai nel convento – spiega la superiora, mentre scendono piano lungo una scala in pietra, stretta e umida. – Ma non potevano restare senza nessun tipo di risposta. Dopo un paio di settimane dall’incursione degli ispettori, andarono nei propri sotterranei, raggiungendo il confine con la sezione che era stata ceduta alle mariane.

Freddo, una brezza gelida che spira nella tenebra, come il fiato di un anfibio morente. La superiora fa scattare un altro interruttore, accendendo un filare di lampadine polverose, appese al soffitto a volta come una serie di bacche luminose e acerbe. Un corridoio stretto e freddo.

– Non chiamarono operai o manovali. Fecero tutto loro, raggiungendo la parete confinante – e, arrivati a una nuova porta – vecchia, vecchissima, un ammasso di ruggine incrostato di intonaco e polvere – vi infila dentro un’altra chiave, un gambo metallico vecchio e ritorto.

Gira una, due volte, ma non riesce a spingere l’anta. Con l’aiuto di don Gregorio i cardini finalmente cigolano sinistri, il loro strillo rimbombando tra le pareti delle cripte.

Una sorta di passaggio, le cui estremità si perdono a destra e sinistra, nel buio. La parete opposta è vicina, grigia, un intarsio di tenebra e mattoni antichi.

– Le carmelitane decisero di aprire un buco nel muro, per vedere cosa ci fosse dall’altro lato – mormora la superiora, sfilando una piccola torcia elettrica dalla tonaca. – Potete immaginare lo stupore quando, tolto il primo mattone, ne trovarono dietro un altro, e poi un altro. Le mariane avevano costruito qualcosa dentro quelle cantine.

Accende la luce, la punta su una piccola breccia nella parete innanzi.

– E alla fine le mie consorelle videro per cosa era stata impiegata quella stanza.

Porge la torcia a Gregorio. Lui la stringe tra le dita, incerto. Poi la avvicina alla breccia, vi guarda dentro.



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