Poesia e sangue by Maya Sokol

Poesia e sangue by Maya Sokol

autore:Maya Sokol
La lingua: ita
Format: epub
editore: AC Edizioni Srl
pubblicato: 2012-11-22T10:15:05+00:00


Il poeta tace a lungo. Elias trattiene il fiato, quasi temendo che una sola parola possa bastare a spezzare il filo sottile che tiene il poeta ancorato a se stesso. Il filo del ricordo, o di un senso che vuole trovare, forse, una ragione. Nel buio cerca di leggere la sua silhouette, gli sembra che abbia abbassato la testa, affondandola nelle mani, i gomiti puntati sulle ginocchia. Timidamente, allora, allunga una mano e la posa al centro delle sue spalle, appena sotto la pelle scoperta della nuca.

“Non ero io, capisci Elias? Non volevo crederci, non mi piaceva quel che vedevo, la fissità febbrile nel mio sguardo, l’indefinitezza dei miei tratti, quella mollezza avida, ma lo ero, ovviamente, aveva colto la mia essenza, quel piccolo mostro, quel fottuto genio, in pochi tratti di carboncino, mentre mi guardava da un palco vicino, in cui era ospite di un ricco amante. Mentre mi porgeva il foglio, vidi che i suoi polpastrelli erano ancora sporchi di nero. Fu questo, più che la sua assurda, indecente bellezza, che mi piegò le gambe quella sera, mentre prendevo il foglio e gli occhi mi si riempivano di gratitudine e di paura. Ci guardammo, e anche i suoi diventarono liquidi, socchiuse le labbra, le sue narici cesellate vibrarono, come quelle di una lepre quando fiuta l’aria. Se l’avessi visto, Elias. Nessun uomo, nessuna donna avrebbe mai potuto resistergli. Io non ci provai nemmeno. Fu quella stessa notte. Il suo accompagnatore, abbandonato con malagrazia e oltraggiato, mi procurò una serie di fastidi, nei giorni – che dico! nei mesi – seguenti, da subito Guillaume fu fonte di guai. Fino ad allora avevo flirtato con il rischio, con il crimine, con la perversione, Guillaume mi portò a fare sul serio. E senza averne l’aria, accusandomi, addirittura, di essere io il suo corruttore. Erano parte del suo gioco, quelle accuse, come lo erano i tentativi di suicidio, le partenze nel cuore della notte, le ferite che si auto infliggeva per mostrarmele, l’alcool e le droghe di cui abusava. Non puntando all’ebbrezza, Elias, ma alla morte. Il giorno in cui mi ha incontrato, Guillaume era orfano quanto può esserlo un essere umano. Non c’era una sola persona al mondo che avesse a cuore la sua esistenza. Nessuno. Nessuno da torturare. Non è un caso che i suoi tentativi di suicidio cominciarono da quando io cominciai ad amarlo. La morte non era il suo fine, era solo il mezzo. Non che volesse farla finita sul serio, io credo, avrebbe preferito arrivarci – come è stato – a un soffio, ma era pronto, allo stesso tempo, a correre il rischio. Niente lo esaltava quanto l’idea di vedermi impazzire per il senso di colpa e per la sua mancanza. E, come sai, ci è quasi riuscito. Come mi ha portato a sparargli, ti chiederai, forse, dopo quello che ti ho raccontato del colonnello, e degli stallieri. Ti domanderai come si può esasperare a tal punto uno come me, uno che prova piacere nel subire l’umiliazione,



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