Vado a vedere se di là è meglio by Francesco M. Cataluccio

Vado a vedere se di là è meglio by Francesco M. Cataluccio

autore:Francesco M. Cataluccio [Cataluccio, Francesco M.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sellerio Editore
pubblicato: 2021-05-13T22:00:00+00:00


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Baku

Nella «città dove soffia il vento», mille volte fortificata e mille volte conquistata, anche se tutto cadeva a pezzi e gli ultimi padroni avevano sparpagliato per cinquant’anni il loro cattivo gusto e incoraggiato i satrapi locali nel loro smisurato gigantismo, si respirava una bizzarra atmosfera orientale, come quella di Aleppo o della vecchia Baghdad. Dicono che Baku sia un crogiolo di razze (azeri, turchi, persiani, armeni, russi, georgiani, ebrei, osseti), ma per le strade non si distinguevano affatto gli uni dagli altri. Tutto attorno alla città c’è una specie di mare (il Mar Caspio) che, anche se trafitto da un nugolo di pompe petrolifere, faceva sembrare la penisola di Apšeron simile al golfo di Napoli. Il gugliesco Palazzo di Shirvanshah e la tozza Torre della Vergine ricordavano i fasti antichi, ma più di tutti mi colpì il vecchio edificio della stazione centrale, Baku Sabunčinska, in piazza Jafar Jabbarli: sembrava un edificio sacro, come la Sinagoga di Firenze, o l’antica Sinagoga di Oranienburger Strasse a Berlino, o l’Ospedale Rapaport a Leopoli. Quello stile moresco pieno di guglie e archi e cupole affascina per la sua severità mista a una capricciosa opulenza.

La puzza di petrolio (dal 1873 Baku assistette al boom petrolifero che diede un grande impulso al suo sviluppo urbanistico e industriale, dando vita al distretto noto come la Città Nera) si mischiava a uno strano odore di salsedine e alghe marce, meno forte che nelle nostre città di mare, forse perché le grandi masse d’acqua del Volga e dell’Ural contribuiscono notevolmente a stemperare la salinità del lacustre Mar Caspio, depresso di ben 28 metri.

Di pochi luoghi, come la capitale azera, ci si può meravigliare che abbiano dato i natali a persone complicate, geniali e vagabonde. Il matematico Lotfi Asker Zadeh (vero cognome: Aliaskerzadeha) nacque a Baku il 4 febbraio 1921, da padre musulmano azero e da madre ebrea russa. Crebbe in Iran e studiò prima alla Alborz High School e poi all’Università di Teheran. Nel 1944 si trasferì negli Stati Uniti dove, dal 1959, insegna all’Università di Berkeley. Le cose che ha studiato e scoperto hanno, per noi dilettanti, il sapore di qualcosa di tremendamente poetico e suggestivo: la «teoria degli insiemi sfocati» (1965) e la «teoria della logica sfocata» (1973). Lotfi Asker Zadeh è infatti noto nel mondo per essere stato il formalizzatore della «logica fuzzy»:212 una singolare evoluzione di certe intuizioni della Qabbalah. Zadeh aveva osservato che una delle capacità più sorprendenti del cervello umano, tuttora non riproducibile dall’intelligenza artificiale, è quella di riassumere informazioni. Ma un riassunto, per sua natura, è un’approssimazione, e il cervello umano trae vantaggio da questa tolleranza all’imprecisione attraverso la codificazione delle informazioni più rilevanti rispetto a una determinata necessità, racchiudendole in insiemi fuzzy che vengono successivamente etichettati. Gli elementi chiave del pensiero umano non sono quindi numeri, ma «etichette» di insiemi fuzzy. In seguito, evidentemente non pago dei risultati raggiunti, Zadeh si è occupato dell’introduzione del «Soft computing» (1991), la computazione con le parole, la teoria computazionale della percezione e il linguaggio naturale precisato.



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