Abisso by P.D. Blacksmith

Abisso by P.D. Blacksmith

autore:P.D. Blacksmith [Blacksmith, P.D.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: B-loved - vol. 2, Urban fantasy
ISBN: 9788809813915
editore: Giunti
pubblicato: 2016-02-03T16:00:00+00:00


18

A ogni risveglio, tutto quello che è successo mi scuote dentro come un vento del deserto, mi soffia nella testa e i pensieri vorticano, s’impennano, cadono.

E resta il vuoto, che io chiamo Detlev.

Allora la sua faccia, che non smetto mai di cercare durante il giorno, viene a me spontaneamente e resta tremolante, raccolta dentro le palpebre. Il mio corpo si volta verso il suo, mille volte al giorno, verso di lui che non c’è. Gli parlo sempre, appena mi sveglio, gli spiego in quanti modi questa cosa mi fa male, questa cosa di lui che non c’è. Che non tornerà più, che si dimenticherà di noi.

E allora glielo ripeto ancora una volta: io ti troverò.

E apro gli occhi.

Da quant’è che sono qui, una settimana?

E fuori è già quasi buio.

Non faccio altro che svegliarmi e riaddormentarmi, alle ore più assurde. E penso che forse è arrivato il momento di andare via, di tornare a casa.

Non che sia successo niente, a parte l’attacco di Gianni, che è la ragione per cui stamani sono tutti andati a parlare con il Consiglio. Ma oggi l’inquietudine che mi bracca è arrivata tanto vicino da mordermi.

Stando qui non ottengo niente. E il tempo non si ferma, la muta di Detlev non si ferma.

Balzo fuori dal letto e raccatto gli indumenti sparsi in giro.

Osservo ancora una volta la foto di Martina sulla scrivania, ha il naso scottato e il braccio di Detlev attorno alle sue spalle. Non l’ho mai visto con una maglietta bianca, e questo stupidamente mi ferisce, le ombre che sagomano il suo viso lo fanno meno spigoloso di come lo conosco, di una bellezza estranea. Però il turbine negli occhi è il suo. Qui non è come nella foto con Micha, non sta mostrando quant’è duro, si lascia guardare dentro, nel cuore della sua tenerezza. Io non ho foto con quel suo viso, ma ne ho il ricordo.

Al tempo di quella foto, io ero un cavallo della scuderia di Raf, ero una pallottola vagante, viaggiavo su un meteorite in rotta di collisione con la Terra. Ecco perché mi fa male guardarla, mi ricorda quando io e lui eravamo sconosciuti e niente faceva supporre che avremmo mai potuto incontrarci. E soprattutto mi ricorda che adesso la mia vita potrebbe tornare a essere quella là.

Mi sento esausta e mi lascio cadere sul letto, lotto per qualche minuto col desiderio di tornare sotto il piumino. Ma so che devo sbrigarmi, sta venendo sera e non sarà facile trovare un mezzo per tornare a casa. A casa di Detlev, dove c’è tutto quello che resta di lui.

Mi vesto, infreddolita.

Se prendo la scorciatoia, dovrò camminare per sei o sette chilometri fino al paese da dove partono i pullman.

Scendo le scale silenziosamente, non ci sono rumori in casa e comunque non ho voglia di salutare nessuno, farò una telefonata più tardi o domani.

Esco dal retro e imbocco il sentiero sassoso. Mi tengo dal lato del monte, bordato da alberi e cespugli. Il freddo mi scuoia la testa, mi copro col cappuccio e faccio qualche chilometro a testa bassa.



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