L'estate del coniglio nero by Kevin Brooks

L'estate del coniglio nero by Kevin Brooks

autore:Kevin Brooks [Brooks, Kevin]
La lingua: ita
Format: azw3
ISBN: 9788858510872
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2014-02-17T23:00:00+00:00


Diciotto

«Come ti senti?» mi chiese papà.

«Bene. Solo un po’... sai...»

Lui annuì. Era seduto alla mia scrivania e io sul letto. Aveva l’aria stanca.

«Mamma è preoccupatissima per te. Dice che di recente eri un po’ giù e adesso ha paura che tutto lo stress di questi giorni stia diventando troppo pesante.»

«Si preoccupa troppo.»

Papà mi sorrise. «Gliel’ho detto anch’io. Glielo dico sempre di non preoccuparti per te, ma non è quello che penso.» Il sorriso svanì. «Senti, Pete, non voglio fare finta di sapere quello che stai passando, perché non lo so, ma so che una storia come questa ti può sconvolgere. Però se c’è dell’altro... e non ti sto chiedendo di dirmi cos’è... ma se c’è dell’altro, se ci sono dei problemi, se ci sono cose che ti inquietano... parlamene, okay? Non siamo obbligati a sistemare tutto adesso, non siamo neanche obbligati a parlarne, se non vuoi, ma se mamma ha ragione e c’è davvero qualcos’altro che ti preoccupa, io devo saperlo.»

Lo guardai, chiedendomi come avrebbe reagito se gli avessi detto la verità: “Be’, sai, papà, credo di stare impazzendo un tantino... cioè, lo so che non sto diventando pazzo sul serio, ma continuo a fare, a vedere e a sentire delle cose che non hanno nessun senso...”.

«Sto bene, papà. Fidati.»

«Davvero?»

«Be’, no, non sto benissimo. Sono giù per via di Raymond, di Stella e di tutta questa storia, ovviamente... ma per il resto...»

«Per il resto sei tranquillo?»

«Sì...»

Lui allora mi fissò. Il suo sguardo era uno di quelli impossibili da evitare e quindi non lo evitai. Me ne restai lì, a fissarlo anch’io, sperando che non vedesse, o non volesse vedere, le bugie che avevo negli occhi.

«E va bene» disse alla fine «ma secondo me dovresti parlare con tua madre, per tranquillizzarla.»

«Hai ragione. Vedrò di farlo.»

Poi si guardò intorno per tutta camera mia, ma era abbastanza evidente che non stava osservando niente di preciso. Si stava solo preparando, stava solo pensando a cosa dire dopo. Immaginai che dovesse essere qualcosa su sabato sera, su Raymond o Stella, ma quando poi tornò a concentrarsi su di me la sua espressione mi fece pensare di avere ragione solo in parte.

E fu così.

«Non hai una grande opinione di John Kesey, vero?»

Mi colse di sorpresa e non seppi cosa rispondere.

«Stai tranquillo, sono abituato ad avere intorno gente a cui John non piace. Tua madre non lo sopporta proprio.» Mi sorrise. «Non devi fare finta che ti piaccia solo perché è mio amico.»

«Non lo conosco abbastanza bene perché mi possa piacere o meno.»

«Ma probabilmente non ti piace quello che sai di lui, eh?»

«Non so. Non vedo neanche quale differenza faccia.»

«John è un bravo poliziotto, Pete. È anche un’ottima persona ed è sempre stato un buon amico. Non sto dicendo che sia perfetto, certo. Ha i suoi problemi. Anzi, ne ha uno solo. Beve troppo. Normalmente non gli impedisce di fare il suo lavoro, ma a volte... be’, a volte gli serve un po’ d’aiuto. Sai, gli serve qualcuno che si prenda cura di lui, appunto.»

«È per questo che mamma non lo sopporta?»

«Sì.



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