L'ombra del Torturatore by Gene Wolfe

L'ombra del Torturatore by Gene Wolfe

autore:Gene Wolfe [Wolfe, Gene]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fantasy, marzo, retail
ISBN: 9788834721391
editore: Fanucci
pubblicato: 2012-10-02T22:00:00+00:00


18

La distruzione dell’altare

Mentre mi trovavo in quel negozio, il silenzio del primo mattino era svanito. I carri passavano rombando, una vera e propria valanga di bestie, legno e ferro. Mi ero appena avviato insieme alla sorella del bottegaio quando udii un velivolo passare fra le torri della città; sollevai la testa appena in tempo per vederlo, lucido come una goccia di pioggia sul vetro di una finestra.

– Probabilmente si tratta dell’ufficiale che ti ha sfidato – commentò la ragazza. – Sarà di ritorno verso la Casa Assoluta. Un ipparca della Guardia dei Septentrion... Agilus ha detto così, giusto?

– È tuo fratello? Sì, ha detto qualcosa del genere. Tu come ti chiami?

– Agia. Non sai proprio niente della monomachia? E io dovrei farti da istruttore? Bene, che il sommo Ipogeo ti assista. Innanzitutto dobbiamo andare ai Giardini Botanici a tagliare un avern. Fortunatamente non sono molto distanti. Hai abbastanza soldi da comperare un fiacre?

– Penso di sì, se è indispensabile.

– Allora è vero che non sei un armigero travestito. Sei un... quello che sei.

– Un torturatore. Sì. Quando incontrerò l’ipparca?

– Nel tardo pomeriggio, quando nel Campo Sanguinario iniziano i duelli e l’avern apre il fiore. C’è ancora tempo ma è meglio che te ne procuri uno e che ti insegni un po’ a combattere. – Un fiacre tirato da due onagri stava venendo nella nostra direzione e lei lo chiamò con un cenno. – Ti ammazzerà, lo sai?

– Dalle tue parole, sembra molto probabile.

– È praticamente certo, perciò non pensare al denaro. – Agia si lanciò in mezzo al traffico e per un istante parve una statua commemorativa della pedona ignota, talmente il suo volto era cesellato e la curva del suo corpo era graziosa. Credevo che sarebbe stata travolta. Il fiacre si fermò accanto a lei, con gli onagri che scalpitavano e si scostavano come se si trattasse di un tiacino, e Agia si issò a bordo. Nonostante fosse leggera, il suo peso fece ondeggiare il veicolo. Salii anch’io e sedemmo affiancati. Il cocchiere si volse verso di noi e Agia disse: – Ai Giardini Botanici. – Partimmo con un sobbalzo. – Così l’idea di morire non ti spaventa... è consolante.

Mi puntellai con la mano al sedile del cocchiere. – Non penso di costituire un’eccezione. Ci sono migliaia, forse milioni di persone come me, credo. Esseri avvezzi alla morte, convinti che la parte più importante della loro vita sia già passata.

Il sole aveva oltrepassato le guglie più alte e la luce che trasformava la polvere della strada in oro rosso mi ispirava pensieri filosofici. Nel libro marrone che tenevo nella borsa c’era la storia di una donna angelo (probabilmente una delle guerriere alate che pareva servissero l’Autarca), che era venuta in missione su Urth, era stata colpita dalla freccia di un bambino ed era morta. Con gli abiti splendenti macchiati di sangue come i viali colorati dal sole agonizzante, incontrò Gabriele in persona. Questi reggeva in una mano la fulgida spada e nell’altra una grande bipenne, mentre sulla schiena, appeso all’arcobaleno, portava il corno da battaglia del Paradiso.



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