Diario di un imboscato. Prefazione di Mario Rigoni Stern by Attilio Frescura

Diario di un imboscato. Prefazione di Mario Rigoni Stern by Attilio Frescura

autore:Attilio Frescura [Frescura, Attilio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia
ISBN: 9788842555742
editore: Ugo Mursia Editore
pubblicato: 2015-04-12T22:00:00+00:00


Gli uomini felici. Ve ne sono, qui. C’è il reparto alienati. Voglio ficcarci il naso, già che il mio vale poco…

Nel paese vi sono circa novecento aspiranti medici, laureandi all’Università castrense. C’è il materiale umano, qui, per gli studi.

E fra i diversi reparti, uno, il reparto maternità susciterebbe, in un ospedale militare, una profonda ilarità, se non si sapesse che il materiale è abbondantemente fornito dalle donne del paese, che sentono italianamente…

Oggi, nel pomeriggio, mi sono avvicinato al reparto alienati.

Ho affrontato un gruppo di questi colleghi (sia detto senza auto-ironia!) che mi hanno accolto con un sorriso sarcastico ed una domanda che mi ha lasciato interdetto:

«Sei venuto per conoscere i savi?».

Ma un d’essi, fortunatamente, ha compreso il mio imbarazzo ed ha cominciato a vincere l’ostilità, presentandosi a me, come un collega ragionevole. Mi ha detto il suo nome, ben noto nel giornalismo. Ho chiesto:

«Tu? Sei il giornalista…?».

Ha risposto:

«Sì, sono io. Te ne meravigli? A chiunque può avvenire di trovarsi qui. Ciò, del resto, avviene anche quando meno lo si suppone, quando meno lo si crede opportuno, quando più uno è convinto di essere un savio. E se, appena appena, tu resterai qui cinque minuti con noi, ti domanderai, andandotene: sono costoro i pazzi o lo sono io? Ti dirò, collega (scusa, volevo dire amico!), ti dirò, amico carissimo, in qual modo si diventa pazzo. Come vedi io prevengo il tuo desiderio e la domanda che non osi. Si può divenire pazzo rimanendo psicologo. Credo, anzi, che uno psicologo non finisca (o non cominci?) altrimenti. Or ecco, amico, come si diventa pazzi, o, almeno, come lo sono diventato io. Il quale io, benché la mia classe di leva non fosse in linea, fin dall’inizio della guerra ho chiesto di battermi e mi sono battuto, coerente al mio pensiero ed alla mia azione di interventista. Probabilmente tu penserai che ciò era già un evidente segno di pazzia. Ne convengo, se vuoi, a patto che tu convenga che, almeno, la è stata una pazzia collettiva e che dovremmo essere in parecchi qui… Sopra tutto mancano coloro che, avendo berciato, hanno trovato il posticino: gli incoerenti. Più pazzo io, coerente, o loro, gli incoerenti? L’incoerenza è uno squilibrio. Ti dicevo, adunque, che dovremmo essere in parecchi, qui… Ti dicevo, anche, che mi sono battuto. Inutile invece che ti dica (sono i savi che dicono che è inutile dire ciò che invece tengono a dire!) inutile invece che ti dica che la guerra scientifica, meccanica, quella che ha ucciso il garibaldinismo e l’impeto latino, ha ben presto smorzato in me ciò che era, sopra tutto, impeto e fiamma latina. Credi, non c’è nulla di peggio di un reticolato per ovattare lo slancio. E convieni che non è un’ovatta comoda il reticolato di ferro spinoso… Comunque, coerente, mi sono continuato a battere. Sul Trentino e sul Carso, in venti combattimenti, guadagnandomi due proposte di medaglia al valor militare. E, lentamente, per ragionamento, per deduzione, per eliminazione sono venuto alla conclusione che non dovevo credere a nessuna



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