Il mio diario di guerra by Benito Mussolini

Il mio diario di guerra by Benito Mussolini

autore:Benito, Mussolini [Mussolini, Benito]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Biblioteca storica
ISBN: 9788815326416
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2016-09-14T22:00:00+00:00


Non mancano coloro che sono più svegli e coltivati. Sono quelli che sono stati all’estero, in Europa e in America. Hanno letto prima della guerra qualche giornale. In guerra sono antitedeschi e belgofili. Quando il soldato brontola, non è più per il fatto «guerra», ma per certi disagi o deficienze ch’egli ritiene imputabili ai «capi». Io non ho mai sentito parlare di neutralità e di interventismo. Credo che moltissimi bersaglieri, venuti da remoti villaggi, ignorino l’esistenza di queste parole. I moti di maggio non sono giunti fin là. A un dato momento un ordine è venuto, un manifesto è stato affisso sui muri: la guerra! e il contadino delle pianure venete e quello delle montagne abruzzesi hanno obbedito, senza discutere. Nei primi mesi della guerra, i bersaglieri hanno valicato il confine, cogli inni sulle labbra e la fanfara alla testa dei battaglioni. Dopo due mesi di sosta a Serpenizza, venuto finalmente l’ordine di riprendere l’avanzata, i bersaglieri hanno conquistato – al passo di corsa, malgrado un turbine di cannonate – la Conca di Plezzo e si sono trincerati a quattrocento metri oltre la città, che gli austriaci hanno poi, quasi completamente distrutta colle granate incendiarie. Quando i bersaglieri narrano gli episodi di quell’avanzata, vibra ancora nelle loro parole la soddisfazione e l’entusiasmo della conquista. La vita di trincea – monotona e aspra – contrassegnata soltanto dallo stillicidio quotidiano dei morti e dei feriti, indurisce i soldati. Parlar loro, non si può. Riunire gli uomini, in prima linea, per tener loro un discorso, significa esporli a un sicuro immediato massacro da parte dell’artiglieria nemica. È il «nemico», la presenza del «nemico» che spia e spara a cinquanta, cento metri, ciò che tiene elevato il «morale» dei soldati: non i giornali che nessuno legge; non i discorsi che nessuno tiene…

Sono religiosi questi uomini? Non credo troppo. Bestemmiano spesso e volentieri. Portano quasi tutti al polso una medaglia di santo o di madonna, ma ciò equivale a un porte-bonheur. È una specie di «mascotte» sacra. Chi non paga il suo tributo alle superstizioni delle trincee? Tutti: ufficiali e soldati. Lo confesso: porto anch’io nel dito mignolo un anello fatto con un chiodo di ferro da cavallo…

Questi soldati sono nella loro grandissima maggioranza solidi, sia dal punto di vista fisico che morale. Se il vecchio Enotrio Romano tornasse al mondo, dinanzi a questi uomini meravigliosi nella loro tenacia, nella loro resistenza, nella loro abnegazione, non direbbe più come un tempo:

«La nostra patria è vile!».

Quale altro esercito terrebbe duro in una guerra come la nostra?

3 novembre

Ieri sera ci siamo spostati di duecento metri più in alto, a destra. Ora comprendo l’obiettivo della nostra azione. Bisognerebbe occupare la depressione fra il Vrsig e lo Jaworcek, per tagliare – io credo – la linea della difesa austriaca. A squadre e plotoni, abbiamo impiegato, per spostarci, quasi due ore. Non pioveva, per fortuna. Il mio riparo è relativamente buono. Da stamani pioggia e neve. La mitragliatrice austriaca spara, ma siamo «defilati» e finora nessuno dei nostri è rimasto ferito.



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