Elogio dell'imperfezione by Rita Levi Montalcini

Elogio dell'imperfezione by Rita Levi Montalcini

autore:Rita Levi Montalcini [Montalcini, Rita Levi]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-03-11T23:00:00+00:00


Il Sobieski arrivò finalmente alla meta. Quando si profilò a poca distanza da noi la Statua della Libertà, ci arrivò dall'altoparlante l'ordine di non precipitarci sul lato della nave prospiciente la statua. Circa due anni prima, un transatlantico, che riportava a casa centinaia di soldati dall'Europa, aveva rischiato di capovolgersi per la corsa precipitosa dei reduci che si accalcavano per rivedere l'emblema della loro patria. Contemplandola a debita distanza, partecipai all'emozione che milioni di profughi, fuggiti a persecuzioni antiche e recenti, hanno provato all'approdo nel porto di New York.

Lo sbarco iniziato alle sei del mattino terminò alle due pomeridiane, tanto allora erano lente e rigorose le pratiche dei documenti e l'ispezione delle valige e bauli dei nuovi arrivati. Nei due giorni che trascorsi, ospite di cugini in una villetta nel New Jersey, pagai il tributo dei nuovi arrivati all'Empire State Build -ing. In basso brulicava l'immensa folla che popola le vie di Manhattan e mi rallegrava l'idea che, nelle settimane e nei mesi successivi, non sarei stata uno di quei minuscoli puntini neri che si agitavano come le molecole in balia del movimento browniano.

Da New York ripartii per il Midwest con lo Spirit of St. Louis, così chiamato in ricordo della storica traversata di Lindbergh. È rimasto nella mia memoria come il treno più lussuoso sul quale abbia avuto la ventura di viaggiare. In parte era vero, ma la mia impressione era certamente influenzata dal ricordo dei vagoni-bestiame che circolavano durante la guerra, soprattutto quello in cui avevo maturato l'idea di ripetere l'esperimento di Hamburger.

Sette anni dopo, lo Spirit of St. Louis mi portava da lui.

La mia passione per i treni, che coltivavo fin dall'infanzia, fu completamente appagata. Da bambina il concetto di treno, con la sua bella locomotiva sbuffante, era per me indissolubilmente legato con quello di convalescenza perché, durante le lunghe malattie esantematiche, nella fase di recupero, mi era concesso sfogliare il Libro dei treni. Anche quel viaggio, compiuto dopo le traversie della guerra, era una convalescenza, e agì come un formidabile ricostituente. I sedili ricoperti di velluto azzurro, il bel panorama dai finestrini, le cortesie di una hostess, accentuavano in me quel senso di benessere ignoto ai viaggiatori dell'Europa del dopoguerra.

Al mio arrivo a St. Louis, nelle ore pomeridiane di una calda giornata di inizio autunno, la Union Station mi parve uscita da un quadro del pittore belga Delvaux. Le lancette del grande orologio della torre che sovrasta l'edificio della stazione segnavano le ore di un tempo che sembrava essersi fissato per l'eternità. Mi attirò il colore rosso mattone della facciata, la grande piazza deserta con quella monumentale torre che conservava con sonnolenta dignità il ricordo dei fasti passati quando, all'inizio del secolo, ben duecentosessanta treni al giorno transitavano da St. Louis trasportando verso il Nord e l'Ovest merci e una folla eterogenea, spinta dal miraggio di favolose miniere nelle sconfinate distese della California.

Un tassista dallo spiccato accento tedesco caricò le mie valige e si diresse alla volta della Washington University che si trovava a notevole distanza, nel settore occidentale della città.



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