La vita dei bambini negli ambienti digitali by Alberto Rossetti

La vita dei bambini negli ambienti digitali by Alberto Rossetti

autore:Alberto Rossetti [Rossetti, Alberto]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: dispositivi tecnologici, media education, pass-back effect, screen time, sharenting, technoference
editore: Edizioni Gruppo Abele
pubblicato: 2023-01-08T23:00:00+00:00


2. Lo screen time?

Un concetto da superare insieme

Lasciarci alle spalle la definizione di nativi e immigrati digitali ci permette, tra le altre cose, di approcciare il tema dell’utilizzo degli schermi da parte dei bambini con maggiore serenità e lucidità. Altrimenti il rischio è quello di continuare a pensare ai più piccoli come a degli organismi geneticamente modificati dalle nuove tecnologie che abbiamo fatto entrare nelle nostre case, e che il nostro unico compito sia quello di proteggerli per farli tornare normali. Sempre che si possa considerare la propria infanzia normale. Sto un po’ esagerando, ma fino a un certo punto. Basta digitare su Google le due paroline screen time, ovvero tempo passato di fronte a uno schermo, per essere invasi da un lungo elenco di articoli che fanno leva sul sentimento della paura. «Screen-time, è emergenza l’abuso dei cellulari da parte dei bambini», «Bambini: troppe ore davanti a uno schermo compromettono lo sviluppo cognitivo», e ancora «Bambini lontano dagli schermi: cos’è l’over screen time». Andando a leggere i vari articoli, però, resta sempre una sensazione di vuoto. Si fa riferimento ad articoli scientifici, si intervistano esperti, si portano esperienze, si snocciolano decaloghi o raccomandazioni… ma manca sempre quella spiegazione che può aiutare i genitori a comprendere il perché si dovrebbe cercare di non far vedere uno schermo ai figli prima dei due anni, e limitarlo a un’ora al giorno al massimo tra i 2 e i 5 anni. Tra l’altro, cosa si intende con schermo? La televisione, il tablet o lo smartphone? E c’è differenza tra un cartone e un video musicale? Oppure, tra un gioco sullo smartphone e lo scattare delle fotografie quando si fa una gita in montagna? Insomma, il concetto di screen time è piuttosto scivoloso e il rischio di fare più male che bene è dietro l’angolo. Con questo non voglio certo dire che il rapporto tra bambini e digitale non vada indagato a fondo, si tratta del focus di questo libro, ma la paura e la demonizzazione degli schermi non può essere la soluzione da proporre.

Anche perché nella pratica le cose vanno in maniera diversa e in questo modo non si fa altro che aumentare il senso di colpa lasciando i bambini sempre più soli e rendendo gli adulti meno competenti. Penso ad esempio a una mamma, ma ne potrei citare a decine, che durante un convegno ha alzato la mano e con un po’ di vergogna mi ha detto che lei aveva ceduto. Che non era riuscita a resistere e aveva comprato, provando un enorme senso di colpa e impotenza, lo smartphone al figlio di 10 anni. Però, si era subito affrettata a dire, lo controllava regolarmente con app di parental control e tutte le sere guardava i messaggi ricevuti e inviati su WhatsApp. Le sembrava comunque di non fare abbastanza e per questo il suo senso di impotenza era molto forte.

Dobbiamo necessariamente cambiare registro. Perché un dato è certo, ed è che, se pur con modalità differenti, i bambini accedono sempre prima agli schermi e alle varie tecnologie digitali.



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